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Undisputed

Regia di Walter Hill vedi scheda film

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La recensione su Undisputed

di Antisistema
8 stelle

Il pugilato pur avendo origini antiche, è uno sport che ad oggi nei pesi massimi ha la maggiore rappresentanza nei pugili americani, va da se che quindi ci sono una marea di pellicole su tale disciplina, che volendo fare una provvisoria TOP al momento sarebbe così :

- Toro Scatenato di Martin Scorsese (1980)
- Million Dollar Baby di Clint Eastwood (2004)
- Fat City - Città Amara di John Huston (1972)
- Stasera ho Vinto Anch'io di Robert Wise (1948)
- Alì di Michael Mann (2001)
- Lassù Qualcuno mi Ama di Robert Wise (1956)

Al settimo posto e quindi dopo la pellicola di Wise con Paul Newman, non c'è il tanto celebrato quanto osannato Rocky di John Avildsen (1976), ma l'ottimo Undisputed (2002) del bravo quanto oramai scomparso nella memoria del pubblico Walter Hill, che in effetti non se la passava benissimo nè a livello artistico e nè commerciale, venendo da oltre 10 anni di filmetti da sequel senza senso di esistere come Ancora 48 Ore (1990), parziali delusioni come Geronimo (1993) e disastri produttivi come Supernova (2000), quest'ultimo disconosciuto dallo stesso cineasta; con Undisputed commercialmente non gli andrà bene comunque, ma per lo meno segna una ripresa netta sul lato artistico da parte di Walter Hill, al suo miglior film da almeno 15 anni. Un budget sui 15 milioni, due attori di colore nonostante le pressioni produttive per mettere come protagonista almeno un bianco (ma il regista sottolinea giustamente come nella boxe negli USA i migliori pugili siano tutti di colore) e crea una bella commissione tra la disciplina della boxe con il genere carcerario da me sempre gradito. 
Il regista di Long Beach parte da uno spunto "sociale" oserei dire, la storia del campione dei pesi massimi George Chambers detto "Iceman" (Ving Rhames), finito in galera per un'accusa di stupro, ricalca in modo chiaro quella dell'ex campione Mike Tyson, consentendo ad Hill di costruire un qualcosa che vada oltre il mero match finale tra il vero campione dei pesi massimi ed il campione del circuito carcerario Monroe Hutchen (Wesley Snipes) , ponendosi come interessante analisi sull'immagine restituitaci di George come stupratore oppure uomo che si era lascianto "andare" ad un sesso più spinto e violento, venendo accusato ingiustamente di stupro dalla donna e finendo per questo in carcere. Analisi sull'attuale movimento me too a posteriori si sprecherebbero, ma Hill percorre il sentiero dell'analisi su cosa sia vero o falso tramite la società liquida del nuovo millennio, dove non conta la verità, ma la post-verità, cioè la credibilità di colui che afferma qualcosa. A prima vista gli schermi televisivi ed i flashback ci offrono una sentenza netta; Chambers è un omone grande, grosso ed incline alla violenza, mentre la donna è un soggetto chiaramente inferiore dal punto di vista fisico rispetto al campione dei pesi massimi, quindi è scontato che Chambers agli occhi di uno spettatore distratto e dei media sempre a caccia dello scoop, sia per forza il colpevole. Walter Hill non scioglierà mai il dubbio in proposito, nè Chambers in prigione condurrà una permanenza tranquilla, facendo emergere più volte le sue qualità fisiche, che ha adoperato lungo tutto il corso della sua esistenza e lo hanno portato ad essere il campione del mondo dei pesi massimi. 

 


Quando sei in cima al mondo, ci vuole poco per passare dall'adorazione al meccanismo inverso e perverso dell'invidia che poi diventa odio, più che concentrarsi su Monroe, persona di poche parole e dedito a coltivare la disciplina pugilistica anche tramite un rigoroso controllo mentale dei propri impulsi violenti, Hill si concentra molto su Chambers e la sua filosofia pessimista dell'essere un vincente, condannato ad una lotta quotidiana per sopravvivere agli attacchi di chi vuole buttarlo giù dal trono conquistatasi. 
Monroe è tanto meditabondo quanto calorosamente sostenuto da tutta la prigione, mentre Chambers è odiato da tutti i carcerati che hanno avuto la sfortuna di assaggiare i suoi pugni perchè volevano misurarsi con il "campione"; la vita di Iceman è un'esistenza triste e solitaria, una lotta giornaliera per conservare ciò che si è conquistati a suon di cazzotti per evitare che il resto della società ti annienti di brutto e goda nel vederti crollare miseramente dopo averti portato su in cima. Prima o poi tutti perdono, si può solo sperare di essere considerati i migliori per un periodo definito di tempo, ma a Monroe non è concesso neanche questo visto che i suoi incontri senza nessun K.O. non sono conosciuti da nessun altro al di fuori delle quattro mura del carcere, venendo sempre confinato ad essere un campione "sotterraneo", che brilla nell'oscurità dell'ignoranza del mondo, potendo essere apprezzato solo da pochi estimatori presenti nel carcere, in special modo da Mendy Risptein (Peter Falk), un boss mafioso condannato all'ergastolo per evasione fiscale, ma fine esperto e conoscitore della nobile arte del pugilato, per questo combinerà un incontro tra tra il campione del mondo riconosciuto da tutti ed il campione "sotterraneo" delle carceri, per il puro piacere estetico di contemplare uno scontro tra due uomini gustandoselo in ogni secondo pugno dopo pugno. 
Pur essendo una pellicola prevedibile, i personaggi tratteggiati da Hill non ricadono in eccessivi stereotipi da film carcerari, essendo tutti ambigui e con azioni negative alle spalle conclamate, ma il cineasta ce li restituisce in tutta la loro umanità, cercando tra un'inquadratura prolungata sul volto, uno sguardo catturato e un due intuizioni di dialogo, di dare loro un maggiore spessore. Un tocco di genio resta in questo senso lo scontro finale tra Chambers e Monroe, con la macchina da presa collocata al di fuori delle sbarre di ferro che delimitano il ring, buttandoci in mezzo alla baraonda carceraria tutta schierata per Monroe contro Chambers che rappresenta il sistema ed i privilegi per loro, sottolineando però efficacemente anche la condizione dei due protagonisti, qualunque sarà l'esito l'incontro sarà sempre "undisputed", la verità sarà solo per quei pochi fortunati che erano tra quelle quattro mura, mentre a loro volta osservavano lo scontro tra due pugili rinchiusi anch'essi tra le sbarre. Il pubblico decreterà il flop al cinema del film, la critica gli darà voti ignobili, mentre poi inspiegabilmente esalterà robaccia mediocre di boxe come Creed (2015) e Creed 2 (2018) demolendo invece roba ottima come questo Undisputed che ha un ignobile 48% su Rotten "Pomodoro", ma si sa, oramai la critica ha esaurito la sua funzione storica e con l'avvento di internet alcuni di noi spettatori ne sappiamo molto più di loro. 

 

 

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