Regia di Walter Hill vedi scheda film
George “Iceman” Chambers (Ving Rhames), scontroso e violento campione mondiale imbattuto dei pesi massimi, finisce in carcere, accusato e condannato con l’accusa di stupro nei confronti di una ragazza a seguito di una festa selvaggia; il penitenziario, sorta di microcosmo con le sue regole precise e refrattario agli inserimenti esterni, gli riserverà parecchie sorprese ed un nuovo avversario, il campione-galeotto Monroe Hutchen (Wesley Snipes). L’ultimo lavoro, a tutt’oggi, del grande Walter Hill non fa che aumentare l’attesa per il suo auspicabile ritorno alla regia, vista la professionalità e la passione che anima questa sua incursione nel mondo della boxe in ambiente carcerario. Amore sconosciuto, fino all’uscita della pellicola nel 2002, ma che traspare da ogni dialogo ed inquadratura e da uno stile registico documentaristico e con numerosi inserti didascalici, contenenti dettagliate informazioni sportive e sulle pendenze penali dei personaggi presentati. La storia, ispirata alla vere disavventure del pugile Mike Tyson e della sua accusatrice Desiree Washington, si dilata e prende la direzione di un affresco esistenziale con omaggi ai campioni del passato della nobile arte. L’accoppiamento boxe-penitenziario è direi azzeccatissimo, i pugili non sono (quasi) mai ragazzi di buona famiglia ma scavezzacollo cresciuti e formatisi per la strada, ove, menando le mani, si poteva sperare di portare a casa la pelle; la “nobile arte”, per parecchi di loro, significava la salvezza e la possibilità di canalizzare l’aggressività in uno sport violento ma con le sue regole. I detenuti, quindi, soprattutto quelli di colore, potrebbero essere considerati “carne da cannone” della boxe, quelli di loro che ne hanno la stoffa; agli altri non rimane che ammirare ed invidiare questi campioni, nella vita civile e, soprattutto, nel selvaggio microcosmo della prigione, ove sono benvoluti e rispettati da tutti finche le vittorie ne accrescono la fama ed il prestigio. La caratterizzazione dei protagonisti è esemplare, l’ottimo montaggio ed i frequenti stacchi e flashback contribuiscono ulteriormente a teatralizzare la vicenda raccontata, consentendo una precisa scansione dei tempi sceneggiativi; la regia riesce a rivitalizzare anche le capacità recitative di Wesley Snipes, finora intrappolato in ruoli da sbiadito “action character”, e del taurino Ving Rhames, perfetto nella parte dell’arrogante pugile. Menzione a parte merita la sublime prova del grande Peter Falk, poco impiegato ma capace di tratteggiare un convincente personaggio di mafioso vecchio e svampito, appassionato della boxe dei primi decenni del ventesimo secolo. Non un capolavoro, quindi, ma un sincero ed appassionato lavoro di un grande regista.
Carceraria.
Ottima.
Unico.
Meditativo.
Scontroso.
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