Regia di Cédric Kahn vedi scheda film
È molto difficile per un autore cinematografico confrontarsi con una storia di violenza cieca, ripetuta e tutto sommato immotivata accaduta realmente in un passato recente. Roberto Succo era il giovane italiano, di Venezia, che nel 1981 uccise il padre e la madre e poi fuggì verso il sud della Francia, seminando dietro di sé aggressioni, omicidi, rapimenti. Fino a quando, braccato, non venne catturato. Politicamente confuso e velleitario, impastato di formule e di militarismo, Roberto Succo all’epoca venne scambiato da qualcuno per una specie di anarcoide simbolo della libertà. Il che ha reso ancora più delicato il lavoro di Cedric Kahn (uno dei giovani talenti francesi, il regista di “Trop de bonheur” e “La noia”), che ha scritto il film partendo dal libro di Pascale Froment, preoccupandosi di tenere il protagonista in bilico sull’esile spartiacque che separa un assassino da un eroe. La volontà di stare attaccati ai fatti come si sono svolti diventa fondamentale, come il rifiuto del fascino della violenza e della giustificazione vittimistica. Il film è onesto e amaramente lucido come i libri di Ellroy che piacciono a Kahn. Manca di pathos, soprattutto nella seconda parte, forse proprio a causa di quel rigore che l’autore si è imposto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta