Regia di José Giovanni vedi scheda film
Il film di Giovanni non è un capolavoro e nel finale indulge, com'è stato notato, al cayattismo, con una trama che si conclude in forma di predica contro la pena di morte. E sarà vero anche che i due protagonisti, all'epoca già diventati icone del cinema francese (e, orrore!, non certo di quello d'avanguardia) recitano al minimo delle proprie capacità espressive (al proposito, Tullio Kezich riporta il motto che presiedette agli ultimi anni d'attività di Gabin: «più film, più vacche», riferito agli allevament di proprietà dell'attore), ma non è certo sul versante recitativo che si debbano cercare gli eventuali difetti del film: evidentemente anche a mezzo servizio i due interpreti riuscivano a fornire prestazioni più che dignitose. E se Delon, in veste di produttore, indulge forse un po' troppo a sé stesso, Gabin ha il compito di dare corpo e anima ad un uomo disilluso dalla vita e soprattutto dalla giustizia francese, l'istituzione cui ha offerto tutto sé stesso per anni, fino a litigare spesso con i propri figli contestatori del vecchio ordine.
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