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Trap

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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La recensione su Trap

di supadany
7 stelle

Ogni giudizio che emettiamo è direttamente condizionato dalle informazioni in nostro possesso, che vanno a costituire un quadro inevitabilmente parziale. Per giunta, c’è sempre spazio per aggiunte in grado di modificare i punti di vista, a volte perfino in maniera radicale, rivoltando come un guanto le carte in tavola. In ogni caso, le variabili in gioco di solito sono molteplici/contraddittorie, contaminate principalmente dallo sguardo di chi osserva e allo stesso tempo dall’abilità persuasiva di chi finisce incagliato sotto la lente d’ingrandimento.

Con Trap, M. Night Shyamalan non si smentisce, confermando il suo brillante periodo di forma, che peraltro lo vede sfornare film con invidiabile continuità. Nella fattispecie, persegue e rinnova un modo di fare/plasmare cinema che preleva e rivede schemi consolidati, tra intuizioni formidabili e forzature esasperate, frangenti galvanizzanti e manovre impossibili, tirando la corda senza farsi eccessivi conti in tasca, ne tantomeno precludersi eventuali occasioni, ancorate sul presente o futuribili che esse siano.

Cooper (Josh HartnettBlack Dahlia, Slevin – Patto criminale) accompagna sua figlia Riley (Ariel DonoghueWolf like me) al concerto di Lady Raven (Saleka ShyamalanServant, Old), una pop star adorata dalle adolescenti. Una volta entrato nel palazzetto, Cooper si accorge che le forze dell’ordine sono presenti in maniera massiccia e poco dopo scopre che sono lì per scovare e arrestare il Macellaio, un serial killer sulla bocca di tutti.

Essendo proprio lui l’insospettabile ricercato, Cooper cercherà in tutti i modi di trovare un varco per uscire dalla trappola orchestrata dalla profiler Josephine Grant (Hayley MillsGiallo a Creta, Fbi operazione gatto) senza essere smascherato.

Alla fine, rientrerà nei giochi anche Rachel (Alison PillThe Newsroom, Loro), la sua ignara moglie, per una fuga che sarà risolta definitivamente solo in prossimità dell’ultima curva.

 

 

Josh Hartnett, Ariel Donoghue

Trap (2024): Josh Hartnett, Ariel Donoghue

 

 

Massacrato – ma non è certo una novità – dalla critica americana, Trap rientra nella media – positiva per chi scrive - dei film diretti da M. Night Shyamalan nella sua seconda vita cinematografica, lontano dalla vette conquistate agli esordi (Il sesto senso, Signs,The Village) ma altrettanto dagli scivoloni successivi (L’ultimo dominatore dell’aria, After earth), dai quali si era ripreso con The visit e soprattutto grazie al successo di Split (poi in parte vanificato con lo spiazzante Glass).

Parliamo di un film dalla suscettibilità preponderante, dotato di un nutrito pacchetto di stimoli, gagliardi e accidentali, maliziosi e invitanti, che organizza, veicola e filtra modificando l’ordine naturale degli addendi, creando una meravigliosa personalità disturbata e uno sfondo musicale che gli consente di parlare dei fenomeni di costume, modello Taylot Swift, che trascinano le folle, della loro fruizione (un concerto ormai si vede attraverso lo schermo di uno smartphone) e - perché no – di dare una spintarella alla carriera musicale di sua figlia Saleka (la famiglia Shyamalan è ormai una vera e propria industria, vedi anche The Watchers diretto da Ishana Night Shyamalan), che peraltro come attrice fa anche una figura più che rispettabile.

Dunque, tra richiami al cinema che ha fatto scuola (da Nodo alla gola a Omicidio in diretta), cavalli di battaglia, quei colpi di scena che arrivano a ripetizione, e uno svolgimento che non perde il sonno a fissare il pelo nell’uovo, Trap vive una prima parte abbondante che appare continua e avvincente, prendendosi le sue sacrosante e funzionali licenze, per poi cambiare drasticamente il campo di gioco, perdendo così qualche colpo sulla distanza a favore di una successione interminabile di colpi di reni che minano la sospensione dell’incredulità.

Comunque sia, rimane fedele alla linea, tra fattori trainanti e quanto viene a rimorchio, smorzando/accendendo/alterando le aspettative dello spettatore, con disposizioni dirimenti che creano uno stato di prolungata e prelibata apnea per poi cambiare marcia, tra fuochi d’artificio e un’implacabile lotta contro il tempo, carte coperte, elementi impigliati tra le righe e indicazioni messe in bella vista.

Un processo creativo, funambolico e proteiforme, che giostra a piacimento le marcature senza affidarsi a quelle equazioni considerate infallibili/immancabili, che stringe in modo evidente/ostentato sui volti con dei primi piani inequivocabili, nei quali Alison Pill e Saleka Shyamalan si difendono egregiamente, pescando il jolly con Josh Hartnett, un ex nastro nascente finito anzitempo in disparte, che ripaga la scelta con interessi corposi, gestendo magnificamente rovesciamenti espressivi a dir poco sorprendenti, di una qualità quasi impossibile da pronosticare, mostrando un trasformismo eccezionale, passando in un battito di ciglia da uno stato amorevole ad altri glaciali e sinistri.

 

 

Josh Hartnett

Trap (2024): Josh Hartnett

 

 

In parole povere, Trap respinge tutto quanto rientra nella sfera dell’ordinaria amministrazione e gli interessa poco o nulla di attenersi alle regole del buon senso, esponendosi dunque al verdetto del pubblico (negli States è partito molto bene, sarà sicuramente redditizio) senza avere la minima intenzione di fare prigionieri. Ha una spiccata faccia tosta, che gli permette di farsi largo anche nelle situazioni più improbabili, escludendo categoricamente l’ipotesi di battere in ritirata quando marca male, prende sempre la palla al balzo anche facendo il passo più lungo della gamba, avanza con il petto in fuori senza pudore, anche quando traballa vistosamente.

Tra vantaggi e debolezze, allunghi e curve a gomito, iperboli ed ellissi, maschere esposte e anime nascoste, manie e buonismi (entrambi collettivi), sfide e shock, inganni e angosce, per un autore che veleggia in una dimensione a parte, a metà strada tra il cinema di serie B (di successo) e quello che per strada non lascia nemmeno le briciole.

Disinvolto e temerario, beffardo e ubriacante.

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