Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film
AL CINEMA
"-Tu non stai bene Cooper...
-Lo so Rachel... ma potevamo farcela...."
Cooper (Josh Hartnett), padre di una tipica nonché perfetta famiglia americana, accompagna la giovane figlia Jody (Ariel Donoghue) ad un evento molto acclamato ed atteso: il concerto della diva musicale pop, conosciuta come Lady Raven.
Ciò che non traspare subito, è che l'uomo coltiva segretamente istinti da assassino seriale che lo hanno reso artefice ad oggi di una scia delittuosa notevole, tanto da meritarsi un retro nomignolo (Il Macellaio) e da fare intervenire l'FBI per cercare di accerchiarlo.
Quando Cooper, proprio al concerto, apprende di essere concretamente in pericolo di essere scoperto e catturato dalla polizia, ecco che dovrà improvvisare velocemente ed astutamente una via d'uscita, cercando di non svelare il proprio segreto a moglie e figlia.
La doppia personalità, i problemi di gestione e conflittualità che essa talvolta o quasi sempre si porta dietro a carico di chi ne è afflitto, hanno spesso contribuito a delineare personaggi che, magari agevolati da una impronta pertinente di regia di grandi cineasti, hanno saputo cesellare personaggi diventati veri e propri fenomeni di culto (Norman Bates di Psyco su tutti), nel bene o, più spesso, nel male più assoluto che descrive il loro agire. Con Trap ci prova, ed in parte riesce, anche il talentuoso e notissimo regista M. Night Shyamalan che azzecca soprattutto l'interprete principale, un colossale - anche dal punto di vista fisico - Josh Hartnett, divo lanciatissimo da fine anni '90 e da troppo tempo relegato a ruoli di contorno o dedito a collaborazioni interessanti ma di nicchia (Valley of God di Lech Majewski, per citare una scelta recente e per nulla scontata).
Il Cooper che scaturisce dalla notevole interpretazione del bravo attore, prima buon padre di famiglia rassicurante e poi spietato serial killer, è un personaggio davvero inquietante la cui complessità psicologica si completa (e complica) lungo il corso della concitata e tortuosa vicenda. Poi, chissà perché, Shyamalan si perde in molte lungaggini e preamboli sin eccessivi, specie all'inizio, o fa subentrare personaggi all'improvviso che poi spesso scompaiono; sceglie il resto del cast a suo piacimento infischiandosene di eventuali atti di nepotismo sfacciati platealmente esercitati (la diva pop interpretata dalla figlia Saleka Shyamalan, peraltro pop star pure lei a quanto si legge, e con le ciglia più lunghe del pianeta, è frutto di una scelta non proprio necessaria, forse obbligata per dovere familiare), e in modo sin bizzarro (il capo dell'FBI è una ottantenne che ha capito tutto del comportamento psicologico del killer, ma non ne azzecca una quando si tratta di acchiappare la preda, pare una copia della matura Jeanne Moreau, e invece è un ex bambina prodigio di produzioni disneyane, Hayley Mills).
Molto spesso inoltre i dialoghi risultano forzati o inverosimili, e certe situazioni, tra cui la diffusione della notizia della presenza del killer al concerto, non pare sviluppata in modo troppo plausibile né convincente nello spiegone familiare del concitato finale.
Per fortuna però proprio la conclusione esagerata, ridondante ed incontenibile possiede sprazzi di quella furia che ricorda, pur timidamente, certe meraviglie "depalmiane" di fatto inimitabili ed irraggiungibili, e mette dinanzi allo spettatore la prospettiva di trovarsi di fronte ad un "complesso di colpa" (per citare il maestro di cui sopra) di natura ed origine materna, che potrebbe essere il primo episodio di un altro dittico tra quelli che hanno, già in passato, costellato la carriera di tutto rispetto di questo brillante, ambizioso regista indiano naturalizzato statunitense, che ha talento da vendere, anche se talvolta tende un po' a strafare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta