Regia di Franco Piavoli vedi scheda film
Quel che c'è di bello in questo film è ciò che ogni spettatore può immaginare nella propria mente vedendolo. I personaggi non hanno nome, non hanno personalità, non sappiamo niente di loro; possiamo riempire gli spazi vuoti che Piavoli lascia, immaginare la storia di una donna che ricompone piante dalle foglie essiccate così come tenta di vitalizzare un amore rinsecchito di cui non restano che volatili versi di poesia; la storia dell'incontro tra una ragazzina e un ragazzo-fauno che emerge dal fiume; la storia di una ragazza che suona il piano sola in una stanza spoglia, eppure è meno sola dei personaggi che fanno la siesta in stanze dalle pareti piene di quadri o di libri, non circondata da oggetti come loro, ma dalla musica (splendida la colonna sonora di Satie). I personaggi del film sono come le persone che si incrociano alla stazione; sconosciuti di cui sfioriamo per un istante l'esistenza, di cui possiamo immaginare liberamente vicissitudini, gioie e dolori. Un'operazione forse pretenziosa, ma elegante (la fotografia è eccezionale) e stimolante per lo spettatore.
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