Regia di Rebecca Miller vedi scheda film
Il secondo lungometraggio di Rebecca Miller, tratto dal suo omonimo libro di racconti, è un film di attrici, di volti, di voci fuori campo, di sussurri e fragori interiori. La macchina da presa digitale aderisce alle faces dei personaggi, cerca di penetrare nei loro occhi, nella loro testa, nei loro pensieri e abbraccia le interpreti (bravissime nell’entrare in sintonia con il proprio ruolo Kyra Sedgwick, Parker Posey e Fairuza Balk). Tre donne (Delia, Greta e Paula) per tre storie con varie assonanze. Le protagoniste, straziate da un dolore sordo, da un’infelicità ordinaria, da uno spaesamento, sono momentaneamente assopite: belle addormentate, tristi o malinconiche, in attesa di un risveglio che deve coincidere con il riconoscere la propria velocità personale, variante psicomotoria di alcune verità psicanalitiche. Il danno di Delia è fisico: è la moglie brutalizzata da un marito dal quale fugge insieme con i figli per riconoscersi e riacquistare il proprio potere sessuale. Quello di Greta è sociale: è l’ambiziosa redattrice di una casa editrice, infedele, decisa ad abbandonare il marito. Il danno di Paula è psicologico: è incinta, in fuga e dà un passaggio a un adolescente vittima di sevizie. Ognuna deve mettere insieme i pezzi e i brandelli di una vita futura, di un altro inizio e la Miller trova subito la giusta personal velocity per un cinema dell’anima senza padri e madri.
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