Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Ci sono tre personaggi in questo film.
Gerry1, Matt Damon.
Gerry2, un Casey Affleck dotato per fortuna di un numero di espressioni totali superiore a due, al contrario di Ben.
E Gerry3, oppure Gerry0, ossia la macchina da presa. Gerry0 non ha volto ma gli altri due sì.
Ecco, più guardavo i due ragazzi, accostati, allontanati, incrociati e frapposti (all'inizio) e nella lunga sequenza 'equina' sovrapposti (a metà), più avevo in testa Bunuel e non capivo perché.
Poi a metà film ho realizzato che avevo in mente Quell'oscuro oggetto del desiderio.
Perché Gerry è uno solo e parla con se stesso, e scruta in se stesso per cercare la soluzione al viaggio in cui si è cacciato, ma ha due differenti volti a seconda del lato prevalente del carattere, come la Conchita intercambiabile di Carole Bouquet e Angela Molina.
Gerry1 si incarna nel ragazzone grosso e infaticabile di Matt Damon, Gerry2 in quello gracile e insicuro di Casey Affleck. Gerry0 è la vera anima di entrambi, e non ha volto, perché non ha una posizione, ma dal momento che conosce la via d'uscita non può che essere invisibile e silenzioso. E guardare lo svolgersi della vicenda accompagnando gli altri due Gerry. Con complicità, con solidarietà e comprensione, ma con distacco.
Non può abbandonarli perché è parte di loro. Quindi, duro o doloroso che sia, lungo, faticoso, noioso, deve essere al loro fianco, e noi spettatori con tutti e tre.
E mentre seguiamo la vicenda con gli occhi premurosi della macchina da presa, il film scava, ed è come se scavasse senza sollevare polvere, ma lasciando una ferita profonda. Quella che dopo la disfatta di tutte le energie, di ogni forma di incoscienza, del contatto umano e perfino della ragione, comincia a rimarginarsi naturalmente, semplicemente perché ci si è fermati ad aspettare che guarisse, pur essendo grave e pur lasciando una cicatrice definitiva.
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