Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Film mai distribuito nelle sale italiane, tuttavia reperibile nell'edizione americana. "Gerry" è quello che si suol dire un film sperimentale, sperimentale sotto tutti i punti di vista. Stilizzato, enigmatico, rarefatto, gelido nella sua plasticità visiva. Il ritmo è nullo, la narrazione ridotta all'osso, c'è solo l'occhio insistente della telecamera che indugia su paesaggi e attori. Una scelta registica oppugnabile e che non di rado scade nell'accademicità. Van Sant riparte dalle sue origini di cineasta indipendente con la trilogia sull'America moderna che comprende, oltre a "Last Days", lo stupendo "Elephant" e vira decisamente su una certa tipologia di cinema dove conta soprattutto l'idea e la maestria tecnica. L'impiego ottimale della steadycam fa di questo film un vero manifesto della regia al suo stato puro. Essenziale la messa in scena, incisivi gli attori. Almeno tre le sequenze da ricordare: l'inizio con i due giovani amici che percorrono una strada con un'auto in cui la musica – pianoforte di Arvo Pärt – copre il silenzio del deserto roccioso, il piano sequenza più carello a seguire di una quindicina di minuti che vede i due Gerry camminare esausti nella distesa sabbiosa mentre a poco a poco arriva l'alba, il pre-finale doloroso e il finale semplicemente dissacrante. Voto: 7.
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