Regia di Spiro Scimone, Francesco Sframeli vedi scheda film
Strano film quest’esordio accolto nella Settimana della Critica a Venezia: sbilanciato, generoso, ambizioso, teatraleggiante. Arriva infatti da una fortunata pièce, “Nunzio”, che sul palcoscenico vantava la regia di Carlo Cecchi, e con una sceneggiatura – scritta dallo stesso autore del testo originario, Spiro Scimone, insieme a Francesco Sframeli, protagonista dello spettacolo e del film – ma, sorpresa, la cinepresa vola, il montaggio propone soluzioni non banali, la narrazione si nutre di tormentoni verbali e visivi che fanno pensare a un’idea di cinema solida e sicura, che sa bene cosa ottenere dal proprio sguardo. Ciò che convince meno e che, non di rado, infastidisce, è l’interpretazione di Sframeli (nella parte di Nunzio), al quale il complice Scimone (un Pino essenziale, senza fronzoli) s’è clamorosamente dimenticato di ricordare le sostanziali differenze fra recitazione barocca, a uso e consumo di un pubblico costretto alla staticità, e recitazione cinematografica, aiutata dal movimento delle immagini e dunque votata all’accompagnamento. Importante il lavoro del direttore della fotografia, Blasco Giurato, già occhio privilegiato di Giuseppe Tornatore. Autore quest’ultimo evocato (con astuti filtri), curiosamente assieme a Gianni Amelio e al suo imprescindibile “Così ridevano”.
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