Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
Rifiutata ai provini per la messa in scena di Romeo e Giulietta, capolavoro shakespeariano che per il regista Federico Landi Porrini (Castellitto) rappresenta anche l'ultima spiaggia per riaccreditarsi con critica e pubblico, una giovane attrice tallonata da un passato scomodo (Fogliati) si prende una rivincita facendosi passare per uomo e aggiudicandosi il ruolo di Romeo. Ma nello stesso spettacolo lavora anche il suo compagno (Diele), che veste i panni di Mercuzio.
Spogliato da rutti, scorregge, trivialità assortite e culi all'aria, il cinema di Giovanni Veronesi si conferma la versione 2.0 e addomesticata di quello che fu il cinema di Neri Parenti o dei fratelli Vanzina. Non si esce mai dalla satira di costume stiracchiata, messa lì per far vedere che se con un occhio si guarda al botteghino, con l'altro si sta attenti ai temi del sociale (quello della discriminazione su base di genere, peraltro da parte di un regista gay, visto che le minoranze - per quanto svillaneggiate e ridotte a macchietta - non devono mai mancare per far dormire sonni tranquilli ai produttori). Così, i luoghi comuni abbondano, la fotografia guarda ai luoghi da cartolina della Roma più fotogenica (Villa Torlonia, il laghetto di Villa Borghese, persino la zona residenziale della Balduina) e gli strafalcioni sono all'ordine della battuta. Va bene che siamo a teatro, ma sentire pronunciare stage all'inglese (palcoscenico) quando ci si riferisce a un'attività formativa (alla francese, dunque), vuol dire che tra il fratello del premio Strega, l'attore reo di omicidio stradale (Domenico Diele), i ricconi di Roma Nord che sprecano denaro pubblico (vedi alla voce premiata ditta Castellitto & Mazzantini), quella debosciata di Asia Argento che compare in un inutile cameo e le varie maestranze, nessuno ha quel minimo di consapevolezza linguistica che servirebbe quando - chiamando in causa il bardo - si pretende di fare "cultura". Con molte virgolette.
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