Regia di Maura Delpero vedi scheda film
Un film che trova un buon connubio tra un'ambientazione di grande fascino, una storia semplice ma non banale ed uno sguardo disincantato su una realtà contadina che sembra ormai lontana nel tempo ma che è alla base di tutta la nostra tradizione
C'è indubbiamente molto Ermanno Olmi nello sguardo di Maura del Pero verso una piccola comunità trentina sul finire della Seconda Guerra Mondiale, ma anche quel naturalismo essenziale de "Gli ultimi", film capolavoro di Vito Pandolfi e padre David mMria Turoldo del 1963, che già aveva portato un'analisi disincantata e di grande forza espressiva sulle condizioni di vita delle comunità rurali (in questo caso nel Friuli degli anni '30). Il lavoro della Del Pero, premiato con il Leone d'Argento a Venezia, riesce comunque bene a trasmettere l'estrema semplicità di vita, quasi come il giro metodico e sempre uguale delle lancette di un orologio (e che ben interpreta l'ascolto, da parte del pater familias, delle "Quattro Stagioni" di Vivaldi, lui che da maestro nella piccola comunità è quello che veicola gli echi culturali e li traspone nel suo quotidiano insegnamento). L'ambientazione, in un'ottima fotografia che proprio dallo scorrere delle stagioni è ispirata, ed i dialoghi in dialetto (opportunamente sottotitolati) contribuiscono ad immergere lo spettatore in un'età di grandi ristrettezze ma anche di tanta umile semplicità, e se pur la storia non regala particolari colpi di scena c'è comunque la consapevolezza di come pochi decenni abbiano rivoluzionato abitudini e modi di vedere (e vivere) più dei secoli precedenti.
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