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Ari-Cassamortari

Regia di Claudio Amendola vedi scheda film

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La recensione su Ari-Cassamortari

di mck
6 stelle

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«Avete notato come i primi Beatles sono tipo “Amami / amami / dai! // Lo sai / che / ti amo!”, mentre gli ultimi Beatles sono più tipo “Una statua di sapone di sua moglie che si era mangiato e donato al giardino di un polpo seduto su un cornflake! Io sono l’uomo-uovo! Io sono il tricheco!”, ecco»: no, con Claudio Amendola e la PaCo Cinematografica di Cocuzza & Paglia (buoni, tra i piccoli: “Basiclicata Coast To Coast” e “In Viaggio con Adele”) non c’è questo "rischio": siamo costantemente sopra ai cinepanettoni e costantemente sotto alla Commedia all’Italiana: e tutti sono consapevoli di questa cosa, perciò: pace e bene!

 

 

Scritto (soggetto di Alessandro Regaldo, già redattore allo script del 1° capitolo, e sceneggiatura della coppia composta da Alessandro Bosi & Mary Stella Brugiati già alla base di “Anni da Cane” e – per dire: la merda, una tantum – “il Santone - #lepiùbellefrasidimosho”), diretto (regìa di Claudio Amendola) e montato (taglia e cuci di Roberto Siciliano) alla – proprio come il primo capitolo d’un’a questo punto doverosa tri/tetra/penta/esa/epta/.../deca/.../polilogia – cazzo di can contento, vale a dire tanto benino quanto mal-a/u-ccio…

 


– a dei bei raccordi seguono fastidiosi inciampi: in alcune reiterate occasioni sembra che ci si dimentichi di dare lo “Stop!” mentre l’azione si spegne (un’eccezione svetta su tutte: verso la fine di una scena la MdP perde il fuoco anticipatamente e l’immagine persiste nella sfocatezza per una manciata interminabile di secondi mentre gli attori proseguono ignari col pronunciare le loro ultime linee di dialogo), ma in realtà la cosa si scopre voluta dato che arriva puntuale lungo tutti i 90 minuti del film un’ultima battuta, un gesto, un guizzo, una smorfia, che però appare per l’appunto fuori tempo, smorta, innecessaria, sbagliata, debole, superflua, inefficace, deludente, anticlimatica: con Totò, Peppino, Aldo Fabrizi, Tina Pica o Franca Valeri la cosa poteva ovviamente funzionare, ma… beh, ecco: ma, punto –,

 


…“Ari-Cassamortari” (fotografato da Stefano Palombi, musicato da Valerio Carboni - però la mancanza di Piero Pelù, che poteva regalarci un'ultimo "Cos'è, cos'è... / Questa sensazione? // È il mio corpo che cambia / Nella forma e nel colore: / È in putrefazione!", si sente - e distribuito da Amazon), che ci priva d’una deliziosamente adorabile Caterina Guzzanti apula, ma solo per restituircela immantinente talmente burina da essere quasi abruzzese e altrettanto incantevole, è un film talmente sottotono che al confronto l’MC Massimiliano “Tormento” Cellamaro e il DJ Massimiliano “Big Fish” Dagani al confronto sono Béla & Bartók: però – oltre a un pur sempre volenteroso Massimo Ghini, a un po’ troppo trattenuto Gianmarco Tognazzi e a una come al solito straripante-rullocompressiva, ma con garbo, soprattutto con tanto garbo, Lucia Ocone – la new entry Silvia D’Amico (“il Rosso e il Blu”, “Non Essere Cattivo”, “Finché c’è Prosecco c’è Speranza”, “Hotel Gagarin”, “il Regno”, “A Casa Tutti Bene - la Serie”) ci prova a portare il giusto quid in più, e in gran parte – a parte l’entrée buttata via: il passaggio da dark lady / femme fatale a borgatara ripulita poteva essere più incisivo – ci riesce anche, e assieme a lei Antonia Liskova, Michele De Virgilio e un buon Paolo Kessisoglu (tipo Neri Marcorè nel “Leoni” di Pietro Parolin) che, volente o nolente, asfalta recitativamente Luca Bizzarri, più i ritorni di Edoardo Leo, Massimo “Taffo” Dapporto e Alessandro Sperduti.

 

 

In somma: anche questo “Ari-Cassamortari” si becca un 5.5 e ciò significa solo una cosa: assisterò sicuramente anche al 3° capitolo già in cantiere.    

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