Regia di Rod Lurie vedi scheda film
Il castello è il tipico film dalle potenzialità (moderatamente) elevate, in buona parte, nondimeno, sciupate.
É uno di quei film che avrebbe le carte in regola per offrire un sano (in quanto non diseducativo, anzi) e piacevole intrattenimento. Eppure, ad un certo punto, decide inspiegabilmente di optare per un intreccio narrativo allineato su di un sistema di valori alquanto discutibile.
I film sull’asprezza delle condizioni di detenzione, infatti, rappresentano sempre un momento importante per lo sviluppo di una più matura sensibilità culturale, ma consentono anche, pur nella convenzionalità della loro trama, di suscitare (perlomeno) interesse o curiosità (se non altresì, in evenienza, un po’ di entusiasmo o di commozione; dipende dal film).
Il castello, orbene, muove esattamente da queste rodate premesse, ma poi se ne discosta, perché - a dire di Rod Lurie (il regista) - “intrattenimento” fa rima con “patriottica propaganda militarista”. Per cui il “valido” ed “educativo” insegnamento che si deve trarre dalla visione del film è che in ogni uomo batte (che lo si voglia o no) un cuore… da “marine”!
In quanto “soldati” - e non certo come semplici “uomini” (sic!) - (anche) i detenuti meritano rispetto. Con tutte le conseguenze (finanche su un piano più prettamente “ludico”) che questa consapevolezza comporta.
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