Regia di Jim Sharman vedi scheda film
Ammetto di esser rimasto perplesso alla prima visione di "The Rocky Horror Picture Show", data la desueta miscela tra citazionismo e lussuriosa istigazione a rompere gli schemi che il prodotto di Jim Sharman proponeva nel lungometraggio, nonché per la struttura ondivaga, la quale non si sposava benissimo con la prospettiva assente della quarta parete, adeguata, chiaramente, nella rappresentazione teatrale autentica di Richard O'Brien. Tuttavia le scenografie kitsch degnamente “apparecchiate”, i personaggi istrioneschi e mefistofelici, di cui il folle Tim Curry (Dr Frank-N-Furter) ne dominava le scene, e le musiche eccezionali, mi portarono a riguardare sovente il dvd, fino a consumarlo… e ad approvarne il suo status di cult. "Shock Treatment", bocciato dalla critica, sta sicuramente su un altro pianeta, almeno dal punto di vista artistico, riproducendo solo in minima parte quella magia irripetibile del "Picture Show". Nonostante i caratteri principali siano gli stessi, in questo caso cambiano gli attori. L’onere va agli interpreti semi-sconosciuti Cliff De Young ("Navigator") e Jessica Harper ("Suspiria"). I due sposini hanno ora un rapporto molto più conflittuale; partecipano al programma televisivo “Marriage Maze”, dove Brad cede alla trappola del perfido conduttore Farley Flavors, invaghito di Janet, il quale fa isolare il marito nell’ospedale del Dr. McKinley (O’Brien). La donna diventa la nuova collaboratrice “glam rock” della trasmissione “Denton, the home of happiness”, mentre il marito verrà sottoposto ad un elettroshock “sintomatico”; "ST" è una satira sull’artificiosità del broadcasting, causa del lavaggio del cervello che le celebrità dei media possono esercitare sul grande pubblico. La colonna sonora sembrerebbe contaminata da quell’aura dark e strampalata del capostipite, ma le canzoni, composte da ballate new wave ed arrangiamenti disco, sono meno memorabili, e, nel complesso, inferiori del precedente lavoro, seppur orecchiabili e ben amalgamate nella cupa atmosfera canzonatoria. Confusa e poco trascinante risulta però la trama, decisamente uggiosa nelle pieghe del soggetto. Si confermano dei bravi performer Patricia Quinn (“Magenta”), Nell Campbell e Charles Gray: Il film non è un quindi un "sequel" inutile, benché debba essere preso in considerazione solo come un atto di gratitudine del regista verso i fan che hanno tanto amato l’intramontabile originale.
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