Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
“In questa impresa non c’è da aspettarsi né guadagno né gloria”, mette subito in chiaro Kambei: solo il gusto di combattere per una buona causa. Ma i samurai rimasti senza signore sono solo mercenari e lo sanno, mentre i contadini difendono la loro terra da un nemico che minaccia la loro stessa sopravvivenza: i due gruppi sono alleati per caso ma non hanno i medesimi obiettivi, e talvolta le tensioni affiorano (quando vengono fuori le armi nascoste nel villaggio, o i timori per ciò che potrà succedere alle donne). In un complesso di personaggi perfettamente assortiti (col senno di poi, sembra un soggetto bello e pronto per Hollywood) prende gradualmente spicco quello di Toshiro Mifune, l’aspirante samurai che sa cosa significa essere un contadino e rappresenta l’elemento di congiunzione fra gli uni e gli altri. Purissima epica, senza fronzoli né pomposità, che ci riporta in un mondo in cui parole oggi usurate come “eroismo” e “onore” hanno ancora il loro significato. Oltre tre ore di durata e neanche un minuto di troppo, con qualche intermezzo da commedia e una delicata sottotrama sentimentale. E, alla fine di tutto, la malinconica consapevolezza del guerriero professionista che sa di essere escluso dalla vita che riprende il suo corso abituale: hanno vinto loro, non noi.
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