Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Un capolavoro del cinema, avventuroso e sentito, girato con una maestria impeccabile, con un senso dello spettacolo difficilmente raggiungibile, con una sensibilità raramente eguagliata e con una forza espressiva che ha pochi pari nel panorama storico della decima musa. Più volte imitato, portato nel far west o nello spazio, "I sette samurai" è un classico intramontabile, eccezionale di per sé e ancor più importante nella storia del cinema: serve a comprendere anche una grossa fetta del cinema giapponese futuro, e trova un nipotino in un film come "Zatoichi" (2003) di Takeshi Kitano. Kurosawa, che nonostante le molte differenze non esiterei a paragonare da vicino al John Ford di "Ombre rosse" e della "Pattuglia sperduta" (se non a quello della "Carovana dei mormoni"), crea un pathos degno dei drammi scespiriani (che non a caso porterà sullo schermo con "Il trono di sangue" e "Ran"), ma sa stupendamente stemperarlo con l'ironia dei buffoni di turno, come il magnifico soldato fanfarone interpretato con trasporto dal grande Mifune. La magia di Kurosawa, però, sta anche nella com-passione che sente e fa sentire per i propri personaggi, sia samurai sia contadini, contrapposti a quella specie di raffigurazione del male assoluto che è il capo dei banditi, rappresentato come una specie di distruttore alla Gengis Khan. E non è nemmeno vero, come pure è stato sostenuto, che il regista disprezzi i contadini, che critica per la loro grettezza e cattiveria, ma che giustifica, criticando allo stesso tempo, attraverso le parole di Kikuchiyo, la tradizionale violenza della casta dei samurai. Giustamente votato al posto numero 5 nella classifica dei più bei film di tutti i tempi sull'Internet Movie DataBase, "I sette samurai" (meritoriamente riproposto dalla rivista "Ciak" nella originaria versone di 200 minuti), si avvale di uno dei più grandi registi della storia, di una fotografia fuori dall'ordinario e di attori eccellenti: in particolare i due interpreti che recitano nelle parti che spiccano, anche grazie a loro, sopra le altre, il già citato Toshirô Mifune e Takashi Shimura. Grande.
Un mito. Il volto del Giappone per tutti gli anni cinquanta e sessanta.
Un'icona del cinema giapponese e di quello di Kurosawa in particolare. Bravissimo.
Uno tra i dieci registi più grandi di tutti i tempi. Questa è una delle occasioni in cui è riuscito a dimostrarlo pienamente.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta