Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Terzo biopic al femminile di Larrain in pochi anni su tre donne icone del Novecento, di cui Maria Callas, cantante d'opera rimasta probabilmente ineguagliata, artista mitica, donna sofferente che si ritrova nell'ultima settimana della sua vita in balia di una depressione che non le dà tregua, fra conversazioni con il maggiordomo e la governante, qualche uscita solitaria per Parigi, progetti impossibili di tornare sul palco e un'intervista con un giovane regista che appartiene probabilmente alle sue stesse allucinazioni.
Prima di muovere delle critiche fin troppo scontate, bisogna guardare al percorso registico di Larrain: regista cileno fra i più interessati alla Storia del suo paese, Larrain è anche un artista poliedrico, che ama infrangere le regole codificate del film biografico, non rinuncia ad un certo margine di invenzione romanzesca, si documenta in maniera rigorosa sul personaggio ma poi finisce per dare spazio ad elementi visionari che possono aprire squarci sulla psiche tormentata di Maria.
Dei tre film, il più inventivo in fase di scrittura e quello che riusciva a proporci il ritratto più convincente della protagonista alle prese con la costruzione di un mito a cui avrebbe legato la propria fortuna è certamente "Jackie". "Maria" appare invece opera più ibrida, a tratti un po' indecisa nella scelta degli aneddoti, risente di un'impostazione un po' scolastica nel gioco dei flashback, nonostante che certi passaggi, come la scena in cui è costretta a cantare per alcuni soldati nazisti, siano stati confermati come veritieri. È un film costruito ovviamente sulla diva di turno che dà il massimo di sé stessa in un'identificazione straziante col vissuto del personaggio: considerato che sia la Portman di Jackie che la Stewart di Spencer ebbero la nomination all'Oscar, non dovrebbe essere difficile anche per Angelina Jolie riscuotere consensi. La Jolie in questo caso non è molto somigliante al prototipo, non ha la durezza dei lineamenti di Maria e in un gioco mimetico non risulta facilmente sovrapponibile a lei, ma la performance è una delle sue più sentite e intense, restituisce brandelli di sofferenza con molta sincerità e senza cadere nella facile autocommiserazione, ha un controllo del personaggio che attesta ancora una volta la bravura di Larrain nella direzione delle attrici. Di onesto professionismo i contributi di Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nei ruoli del maggiordomo e della domestica, azzeccato Kodi Smith McPhee nella parte del regista, lussuosa la fotografia di Edward Lachman, a mio parere difficilmente etichettabile come "estetismo", ma piuttosto come una raffinata e meticolosa galleria di quadri in movimento.
Un film triste? Sicuramente. Un film minore di Larrain? Forse, ma non ne sarei troppo sicuro. In ogni caso, ci si augura per lui che adesso accantoni per un po' la moda del film biografico e torni a qualche progetto più personale. "Maria" è sempre un buon motivo per riscoprire la figura della Callas per chi la conoscesse poco, è una pellicola grave, priva di glamour, che si insinua nella mente dello spettatore anche dopo la fine della visione, che fa vibrare di emozione l'animo nonostante qualche scelta un po' facile e qualche svolazzo superfluo.
Voto 7/10
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