Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
VENEZIA 81 - CONCORSO
Se una trilogia sulle donne di rilievo del XX secolo s'era da fare, è piuttosto fuori discussione che Maria Callas potesse rientrare in quella ristretta trade che ha visto chiamate pure Jacqueline Kennedy e Lady Diana.
Peraltro la figura della più grande cantante lirica è molto legata o accomunata alla figura di Jackie.
Il vero problema, avvertito da chi scrive, è che Pablo Larrain, altrove regista di gran talento e spessore, con questa sua smorta trilogia devasta e mortifica il proprio talento, confezionando, proprio con questo bolso ed ammuffito biopic Maria, un cinema asfittico che sa di vecchio e di muffa.
Altro che Tony Manero, Post-mortem, No o Il club.
Con Maria, che racconta l'ultima settimana di vita e frustrazioni della celebre, indimenticata cantante, ci troviamo soffocati dalla ingombrante presenza divistica di una Angelina Jolie che scimmiotta come può i vezzi e la gestualità della grande cantante, restando in superficie come attraverso un playback mal mimato.
Ancora più imbarazzanti, ed imbarazzati, i poveri Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher, cavalier servente e domestica contrita, obbligati a soffocare in questo cassetto soffocato da naftalina e da altre tossiche arie irrespirabili.
Speriamo vivamente che Larrain concluda con Maria la propria smania di ritratti femminili, e piuttosto si concentri su progetti anche bizzarri e solo in parte riusciti come El conde, che gli diano modo di ritrovare quella ispirazione e furore di regia che lo hanno reso un indiscusso, grande cineasta.
Maria di Pablo Larrain fa rimpiangere quel Callas Forever pazzerello e vitale di Zeffirelli, piuttosto sbeffeggiato alla sua uscita, ma non certo intriso di quell'alone mortifero e ovattato di stanchezza che dilaga ed avvolge questo film.
Un film, quello di Zeffirelli, costruito attorno a fantasie ma concepito da un regista che la Divina conobbe veramente ed a fondo.
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