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Alien: Romulus

Regia di Fede Alvarez vedi scheda film

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La recensione su Alien: Romulus

di YellowBastard
7 stelle

Con il settimo capitolo della saga iniziata da Ridley Scott nel lontano 1979 e con il primo film prodotto dalla Disney si torna prepotentemente alle origini, tra le visceralità di un B-Movie e la ricerca di un delicatissimo equilibrio tra il capostipite e i diversi sequel che, negli anni, hanno creato le fortune (o le sfortune) del franchise.

 

Alien Romulus, rivedremo Ripley nel nuovo capitolo della saga? | Wired  Italia

 

A differenza di quanto fatto da papà Ridley con i suoi prequel “filosofici” Prometheus (2012) e Covenant (2017), il regista e sceneggiatore Fede Álvarez (La casa, Man in the Dark e il sequel Millennium – Quello che non uccide), anche produttore insieme alla stessa Scott Free, ha ritenuto opportuno ricollegarsi direttamente agli eventi alla pellicola originale proponendone una specie di soft reboot che si colloca cronologicamente vent’anni dopo il primo Alien e trentasette prima del suo sequel Alien - Scontro finale (1986), ma traendo ispirazione soprattutto dal videogioco Alien: Isolation del 2014, considerato dai fans più duri e puri il vero e unico sequel del film del’79 (nel gioco, anch’esso ambientato a cavallo tra i primi due capitoli della saga, seguiamo la protagonista Amanda Ripley, figlia della Ellen di Sigourney Weaver, mentre si muove attraverso una stazione spaziale abbandonata infestata dei pericolosissimi xenomorfi. Ricorda forse la trama di qualche film?), E ricreando le atmosfere anche di un’altra serie di videogiochi, Dead Space, a sua volta profondamente ispirata proprio al capolavoro di Scott del’79.

Ma se lo stesso Ridley Scott ne ha profondamente snaturato lo spirito con gli orridi (almeno per me) prequel di Prometheus e Covenant, Álvarez è stato invece capace di confezionare un sequel che appare davvero come l’anello mancante tra Alien e Aliens.

 

Alien: Romulus - Wikipedia

 

Fede Álvarez imposta Alien: Romulus alla James Cameron con Terminator 2 per una versione “esagerata” soprattutto dei primi due capitoli (il secondo, guarda caso, proprio di Cameron) destrutturandole e ricomponendole assecondandone una direttiva postmoderna, ricordandosi la natura prettamente di horror claustrofobico delle origini e confermandosi quindi ottimo regista soprattutto di spazi chiusi e oscuri, tra cunicoli, tunnel e ascensori di astronavi che sembrano disegnati da un incubo avanguardista .

 

Il film, e questo è sia un pregio che un difetto, si rivela come una specie di sintesi o un’antologia di tutto ciò che, nel bene e nel male, Alien ha rappresentato ed è stato in passato (e che sarà in futuro?) per una restaurazione (quasi) concettuale, tecnica e produttiva della saga stessa.

Un apparato nostalgico rinforzato da uno sforzo produttivo quasi reazionario per i tempi attuali e che ha consentito ad Alien: Romulus di apparire “analogico” attraverso il look retrò dei macchinari, alla meticolosità nella costruzione di set scarsamente illuminati come all’artigianalità di molti degli effetti speciali e al ricorso agli animatronic parimenti a un sound design ripreso direttamente dai nastri originali e che donano al film un tocco deliziosamente “vecchia scuola” a cui si aggiunge l'integrazione di citazioni, reiterazioni, strizzatine d’occhio, battute rievocate e ricontestualizzate dai primi Alien e abbinandole, purtroppo, anche alle distopie dell’AI e della bioingegneria deviata dei due prequel di Scott (la parte più debole dell'intera operazione ma, essendo prodotto da Ridley, evidentemente non era proprio scansabile) mentre la colonna sonora di Benjamin Wallfisch (Blade Runner 2049, forse non a caso?) conserva e rielabora gli elementi del passato ad opera di Jerry Goldsmith, James Horner e Harry Gregson-Williams.

 

Alien: Romulus Just Teased Its Version Of Alien's Iconic Chestburster Scene

 

Un piano di lavoro ambizioso per un artigiano del cinema che ha coinvolto esperti e designer di effetti visivi per realizzare tutto alla vecchia maniera e con, per quanto possibile, il minimo impiego di CGI, per un’esperienza fisica e immersiva ma anche rigenerante, in un certo senso, in quanto Alvarez avverte la fantascienza in generale, e Alien (credo) in particolare, come cinema estremamente materico, tattile e organico, qualcosa di viscerale.

 

Il film rielabora di par suo i temi classici della fantascienza come anche le paure attuali sull’impiego della tecnologia, dal rapporto tra l’uomo e la macchina al lato oscuro della scienza, dalla deriva autodistruttiva dell’ultra-capitalismo alla psicosi del contagio estremizzato anche al body horror per finire inevitabilmente alle rivendicazioni femministe e all’attualissima psicosi sull’ intelligenza artificiale di cui Álvarez propone un nuovo e originalissimo (?) punto di vista: il nostro rapporto con le macchine non si basa su quanto loro possano assomigliare all’uomo ma su cosa loro possano rappresentare per noi, e di come questo possa a sua volta determinare il loro rapportarsi con noi.

Ovvero diventano, nel bene e nel male, ciò che noi vogliamo che siano. Un punto di vista quindi meno ideologico e più umanistico, se vogliamo.

 

Alien: Romulus' Characters Give The Upcoming Movie An Advantage Over Other  Franchise Sequels

 

Il discorso sull’obsolescenza umana è invece un po’ più complessa: l’umanità è destinata inevitabilmente a lasciare la terra ma non è adatta a sopravvivere nello spazio, e questo, secondo Alvarez (e soprattutto Scott), significa che dovrà evolversi in una nuova forma ma, non essendo geneticamente preparata per questo, dovrà farlo forzatamente e questo potrebbe costargli un prezzo molto alto: potrebbe perdere la propria umanità.

Ne varrà davvero la pena?

 

VOTO: 7

 

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