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Alien: Romulus

Regia di Fede Alvarez vedi scheda film

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La recensione su Alien: Romulus

di diomede917
5 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: ALIEN ROMULUS

Fede Alvarez è un regista che ha al suo attivo: il reboot della Casa, il teen horror Man in the dark e il sequel della serie Millennium – Uomini che odiano le donne.

Onestamente Alien: Romulus è la giusta somma del suo cammino cinematografico.

Collocandolo nello spazio temporale che separa il primo Alien di Ridley Scott e Aliens di James Cameron, Fede Alvarez ricava una storia che potenzialmente vive di vita propria per poi contestualizzarla dentro una delle saghe più prolifiche e seguite del cinema mondiale.

L’incipit iniziale vede protagonista Rain, una giovane orfana che vive in un pianeta miniera insieme a suo fratello Andy. Un Androide difettoso riprogrammato dal padre con il solo scopo di proteggerla e fare il bene della ragazza.

Rain si occupa di lui come un fratello diverso e parzialmente non preparato a muoversi ad una realtà ostile stufa di essere sfruttata dalla Weyland Corporation, di contro lui è stato tarato a comunicare con lei attraverso freddure in puro stile Cucciolone quasi per non farle sentire la mancanza del padre.

Il suo sogno è scappare e andare a vivere in un pianeta più a misura d’uomo e credendo di aver raggiunto le ore di lavoro sufficienti per questo grande viaggio si vede raddoppiato l’obiettivo finale. In fondo la Weyland vuole sfruttare i propri lavoratori fino alla fine dei loro giorni.

E così si unisce ad un gruppo di altri giovani desiderosi di una vita migliore in direzione Romulus dove sono presenti capsule criogeniche indispensabili per il loro viaggio e soprattutto è indispensabile Andy in quanto androide progettato da Weyland e unico autorizzato ad aprire gli accessi nella stazione spaziale.

Da questo momento Alien: Romulus diventa il classico teen horror con jumpscare (d’altra parte il vero obiettivo è catturare nuove generazioni di spettatori) con i meccanismi che hanno reso epico Alien.

I quattro ragazzi che danno il passaggio ai protagonisti: Tyler, Kay, Bjorn e Navarro si capisce subito che sono carne da macello. Niente psicologia e niente empatia con lo spettatore. Abbiamo il capo belloccio, lo stronzo con gli androidi perché ritenuti responsabili della morte della mamma, una ragazza incinta non importa di chi ma serve per la parte telefonata dello Xenomorfo con le sembianze umane e la povera Navarro sarà la prescelta per aprire le danze e fare la fine di John Hurt ma con meno pathos emotivo ma tutto ai raggi X.

Se la messa in scena di Alvarez è comunque degna di essere vista ed è abilissimo a tenere alta la tensione, è in fase di sceneggiatura che il film non fa il grande salto.

Tutto chiamato, tutto telefonato e anche il ritrovamento dell’androide del primo Alien con uno Ian Holm rifatto con l’intelligenza artificiale che ricorda molto l’Hal 9000 di 2001 Odissea nello spazio come missione finale risulta essere un po’ fuori luogo e fastidioso alla lunga.

Alla fine, l’anima citazionista orientata esclusivamente al Fanservice prevale su un’idea iniziale che sapeva di buono e soprattutto con due protagonisti che avevano molto da dire e da dare ma che alla fine rimangono incastrati in questa storia con un’evoluzione ovvia e con un finale molto prevedibile che non ci lascia niente in cambio.

Lo so che vado controcorrente perché in tantissimi hanno gridato al capolavoro.

Io alla fine delle due ore di film ho urlato: “E quindi?”.

Voto 5.

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