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Serata d'onore

Regia di Bob Clark vedi scheda film

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La recensione su Serata d'onore

di HypnoticEye
5 stelle

Il ritorno al privato, causato dal fenomeno del riflusso, provocò un cambiamento radicale anche nei gusti del pubblico cinematografico, che a partire dalla fine degli anni Settanta e per larga parte degli Ottanta, dopo una memorabile stagione di grandiosi film caratterizzati da narrazioni di ampio respiro e contenuti all’insegna dell’impegno politico e della denuncia sociale (da "Il padrino" a "Qualcuno volò sul nido del cuculo", da "Quel pomeriggio di un giorno da cani" a "Taxi Driver", da "Tutti gli uomini del presidente" a "Il cacciatore", tanto per restare dentro confini esclusivamente statunitensi), sembrava prediligere storie diametralmente opposte, fatte di piccoli sentimenti quotidiani fra le mura domestiche, di complicità fra amanti e di incomprensioni tra genitori e figli. L’intimismo ben temperato di "Kramer contro Kramer" aveva sovrastato la maestosa metafora politico-filosofica imbastita da Francis Ford Coppola con "Apocalypse Now" nell’assegnazione dei premi Oscar ai film del 1979, sancendo in maniera definitiva il nuovo corso. Da lì in poi, le statuette e le candidature attribuite a quei titoli che preferivano al pubblico il privato e l’individuale al collettivo, non si sarebbero più contate: da "Gente comune" a "Sul lago dorato", da "Voglia di tenerezza" a "Il grande freddo", era tutto un pullulare, sul grande schermo, di radiografie relazionali fra “amici, complici, amanti”.

"Tribute - Serata d'onore" si inserisce a pieno titolo dentro questo filone pro riflusso tutto imperniato sulla lacrima facile e il fazzoletto a portata di mano, collocandosi però lontano dalle posizioni alte di un’ideale classifica dei film più riusciti. Tratto da una commedia di Bernard Slade scritta apposta per Jack Lemmon, che l’aveva recitata a teatro nel 1978, e trasferita su pellicola due anni dopo, narra di un press-agent di Broadway che, una volta appreso di essere affetto da un male incurabile, decide di riavvicinarsi al figlio, rimasto con la madre dopo il divorzio. Inevitabile lo scontro tra caratteri opposti: Scottie Templeton continua a prendere la vita non troppo sul serio, anche se di vita gliene è rimasta poca, là dove Jud, invece, non è per niente incline a scherzi e atteggiamenti spensierati. Le schermaglie e i battibecchi tra di loro attraversano tutto il film per scoprire solo alla fine che, stringi stringi, in fondo il figlio non è poi così diverso dal padre. Nonostante le apparenze… tale padre tale figlio! Finale facilmente riconciliatorio di un film diretto da quel Bob Clark che l’anno seguente, con il successo del demenziale "Porky's", avrebbe confermato di trovarsi decisamente più a suo agio in filmetti lontani anni luce dalla corda sentimentale. Se il sentimentalismo non è sempre di prima mano per colpa della sceneggiatura, la regia comunque non fa nulla per tentare di smussare gli eccessi di ruffianeria, che abbondano e strabordano.

Controversa la prova d’attore di Jack Lemmon. Nonostante molti critici lo considerarono poco in forma, venne premiato nell’edizione 1981 del Festival di Berlino e ricevette la nomination all’Oscar come miglior attore protagonista - ma contro il Bob De Niro di "Toro scatenato" non c'era alcuna possibilità di competere. In ogni caso, solo un fuoriclasse come Lemmon poteva permettersi di ottenere riconoscimenti internazionali con una performance interpretativa giudicata minore.

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