Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
«All'inizio [...] si pensa di spostare l'ambientazione a Venezia, in modo da accontentare i distributori americani...» (P.M. Bocchi - A. Pezzotta, Mauro Bolognini, Il Castoro Cinema, p. 67). Con queste premesse, non era facile realizzare un film da Svevo davvero in autonomia. Ecco, allora, la scelta di attori in gran parte stranieri, lo spostamento dell'ambientazione dal 1898 al 1927, un finale posticcio, che non c'è nel romanzo. Intendiamoci: non si deve sempre giudicare un film tratto da un libro dall'aderenza formale al testo originario, però talune modifiche rischiano di snaturarlo completamente. Peraltro, Bolognini fu sconsigliato fin dall'inizio (ad esempio dallo scrittore Vasco Pratolini) dall'intraprendere l'adattamento di Senilità, testo difficile per più motivi: intanto perché scritto da uno dei grandi autori della nostra letteratura (e non da un "minore" come il Pratesi della Viaccia) e poi perché Svevo era stato riconosciuto tale soltanto da pochi anni; assurto ad una certa notorietà, ma soprattutto oltralpe, solo dopo la pubblicazione di La coscienza di Zeno (1923), morì nel 1928 ed il riconoscimento della sua importanza dovette attendere la fine del Ventennio e della Seconda Guerra Mondiale. Per di più, adattando nuovamente un romanzo del periodo umbertino (sebbene Svevo e Trieste fossero sudditi dell'Impero Asburgico), Bolognini si esponeva alla critica, già all'epoca diffusa, che fosse un semplice illustratore, un decoratore, di testi letterari.
E tuttavia il film riesce, in qualche modo, forse anche grazie all'immanenza di una Trieste che è rimasta sempre uguale a sé stessa, a rendere il senso d'inettitudine che era il centro della letteratura di Svevo, nonostante un finale tardoromantico che nel libro non c'è e nonostante i difetti che al film derivano sia dal modus operandi di Bolognini sia dalle richieste più o meno bizzarre dei "distributori americani".
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