Regia di Mauro Bolognini, Luciano Salce, Alberto Sordi vedi scheda film
Dei primi due episodi mi interessa relativamente. Pura routine quella manifestata da un sornione Tognazzi, diretto da Bolognini, e da un Villaggio in trasferta africana che porta il suo Fantozzi tra le bestie – tra l’altro il regista è lo stesso, Salce. L’episodio di cui voglio parlare è l’ultimo. Si sa, nell’avanspettacolo le comiche finali erano i momenti più attesi e riservati al gran guitto di turno, e anche qui il terzo episodio rappresenta il picco dell’intero filmone, composto da tre lunghi segmenti (153 minuti!), avente per filo conduttore quello delle vacanze. Ed ecco dunque Le vacanze intelligenti che i fruttaroli romani Remo e Augusta Proietti sono costretti a fare per volere dei tre figli intellettuali che, come dice la corpulenta mamma, “so' tre scienziati”. Catapultati dalla borgata capitolina nelle cattedrali della cultura alla moda, i due sempliciotti si ritrovano prima tra le tombe etrusche, poi finiscono in un concerto di musica contemporanea a Firenze, in un albergo per dimagrire dove si beve solo acqua, alla Biennale di Venezia. Per vendicarsi dei tre figli, si ingozzano di pappardelle, fagioli e altre leccornie – Augusta viene persino ricoverata in ospedale – finché tornano a casa. A casa?
Questa goliardica, spassosa, scatenata commedia è forse una delle regie più riuscite di Sordi, raramente efficace dietro la mdp, anche perché ha il suo punto di forza nella breve durata (un’oretta e dieci) nella quale condensa le stravaganze e le bizzarrie delle cosiddette vacanze culturali. I due fruttaroli ignoranti ma umili, inseriti nei contesti intellettuali, sono i rappresentanti degli italiani medi forse sì più qualunquisti, ma anche più emblematici per un determinato ceto sociale. L’esilarante storiella regala non pochi momenti di puro e sano divertimento, raggiungendo le vette di massima comicità nella puntata alla Biennale. Tra le opere di arte contemporanea (c’è anche una critica feroce verso questa) esposte, Remo e Augusta si chiedono cosa significhino e non le riconoscono neppure. Davvero straordinaria la scena in cui lei si accomoda spaparanzata su una sedia posta sotto la palma e ammirata dai visitatori come un’opera realistica e sofferta dal valore di diciotto milioni. Probabilmente il ritmo si incrina nella parte finale, quando c’è il ritorno a casa, ma poco male. Se Alberto Sordi mette a segno un ritratto gustoso e divertentissimo del suo Remo, l’esordiente Anna Longhi è fantastica nel ruolo della moglie buffa e tenera.
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