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Stavros

Regia di Mario Salieri vedi scheda film

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La recensione su Stavros

di undying
8 stelle

Lungometraggio suddiviso in due parti (Stavros 1 e 2), collocabile tra le migliori produzioni "immorali" di Salieri. Sviluppato come un'inchiesta televisiva, a base di interviste, sulla carriera di un ricco produttore cinematografico. Attrici bellissime danno "corpo" al contenuto esplicito, preceduto da antefatti erotici di altissimo profilo.

 

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Un'inchiesta giornalistica condotta dalla celebre Antonella Strato (Joaly), portata avanti raccogliendo testimonianze filmate, indaga sulle modalità più o meno lecite con le quali il magnate Stavros (Bruno SX) - nativo siciliano, classe 1920, poi emigrato dall'Italia - ha potuto edificare un impero economico stimato in circa 20 miliardi di dollari inserendosi nell'ambiente produttivo cinematografico, in partecipazione con il socio tedesco Hans Helmut (Philippe Dean). Intervengono tra i tanti, ai microfoni della giornalista: l'attrice Monica Foster (Monica Roccaforte), la segretaria dell'ufficio di produzione cinematografica, il custode di un collegio religioso gestito da Helmut, l'autista di quest'ultimo (Francesco Malcom), un ex attrice (Jenny Ulvari) collocata alla direzione dell'istituto. La lunga inchiesta si chiude con un intervento del diretto interessato, rientrato dopo tanti anni in patria e disposto a concedere un'intervista esclusiva alla Strato.

 

"Purtroppo questo è un mondo di usurpatori ed io non riesco a esserne esente."

(Stavros)

 

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Imponente, per il genere, coproduzione tra la tedesca Goldlight Productions e l'italiana M. S. Entertainment Group, solo vagamente ispirata alla figura di un celebre armatore greco, suddivisa in due parti di identica durata (80'), distribuite come Stavros 1 e Stavros 2. Rientra nel filone dei "racconti immorali" del regista, ancora una volta capace di scrivere una sceneggiatura complessa e articolata, con flashback avanti e indietro nel tempo destinati a chiarire, in maniera accattivante via via che il racconto procede, le molteplici e variegate interazioni, spesso imprevedibili, tra i vari personaggi. Salieri si avvale della splendida fotografia di Bruno De Sisti, delle pregiate scenografie di Aldo Bustelli e di una professionale colonna sonora (Vidra Productions) composta e registrata negli studi tedeschi della Dagmar Preuss. Un cast imponente vede partecipare anche attori anziani (non professionisti) non coinvolti nelle scene hard. La confezione tecnica è di altissimo livello, con doppiaggio eseguito in post produzione e ingaggio di maestranze (tipo i fratelli Corridori per armi ed effetti speciali) di consolidata esperienza nel cinema tradizionale.

 

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Stavros: Joaly 

 

La strutturata sceneggiatura, funzionale anche per un film più tradizionale, impreziosisce il contenuto esplicito girato da Salieri con il suo solito e inimitabile stile: i veloci, animati, amplessi vengono inseriti con cadenza ritmica ben calcolata; punti macchina in continuo mutamento rendono nel miglior modo possibile la perfezione dei fisici statuari dei bellissimi attori e, in particolare, delle sensuali attrici. Memorabili, ad esempio: il rapporto tra due aspiranti attrici siciliane (Monica Roccaforte e Oceania) con un satiro produttore; le suggestive sequenze del rapporto in macchina, mentre fuori piove, tra una collegiale (Julia Taylor) e un cliente, spiati nelle loro azioni da Malcom; le due collegiali in compagnia di uno sceicco arabo (Roberto Malone); la finta rapina architettata da Helmut ai danni della compagna cieca (Lisa Belle) di Stavros, sottolineata dalle note di Beethoven (Sonata al chiaro di luna); la relazione tra una studentessa che intende fuggire dal collegio (Greta Milos) e Francesco (Malcom); l'amplesso, sotto ricatto, tra il segretario di Stavros (Alain L'Yle) e Antonella Strato (Joaly). Il tema prevalente è ancora una volta (im)morale, tanto che il sesso debole è costretto a soggiacere ai ricatti, alle violenze e alle sopraffazioni maschili (gran parte del film si sviluppa presso un collegio femminile, in realtà centro di smistamento con finalità di mercificazione sessuale). Tuttavia le allusioni dell'autore sono chiare: nei rapporti tra uomo e donna, per gioco ovvero per finzione, il ruolo dominante tocca al maschio ma, nella realtà, quest'ultimo è sconfitto dalle superiori doti morali e fisiche femminili. Stavros è un film indubbiamente erotico, prima ancora che porno, con una sua logica struttura filmica idonea nell'esprimere anche una non velata critica al sistema mediatico (i continui spot pubblicitari, intercalati alle interviste) e a quello dello star system (in particolare rivolto a quelle attrici diventate famose per aver accettato compromessi, sostanzialmente non molto diverse - e spesso sul set non migliori - di quelle che recitano negli hard). Al tempo stesso l'opera termina con un riscatto etico da parte del controverso Stavros offrendo un coup de théâtre magistralmente riuscito, adatto nel chiudere egregiamente questo indiscutibile capolavoro del cinema per adulti.

 

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Stavros: (da sinistra) Monica Roccaforte e Oceania 

 

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Stavros: Greta Milos e Francesco Malcom 

 

Critica 

 

"Modellato sul riferimento wellesiano di Citizen Kane, Stavros è un singolare 'racconto morale' in cui la struttura etica del personaggio - un italiano d'origine ellenica che tramite complesse vicissitudini giunge ad essere un ricco e famoso produttore cinematografico - è ricostruita mediante testimonianze che hanno la presunzione di rivelare una verità che alla fine apparirà troppo complessa perché possa essere interamente compresa. Con una sintassi filmica del tutto anomala per un 'porno' Salieri imbastisce una fantomatica inchiesta televisiva che contribuirà, solo ed esclusivamente, a delineare il ritratto senza speranza di un mondo freddo e ingannevole in cui si è costretti a convivere con la violenza e la sopraffazione e dove si scopre che l'esistenza non ha morale e le aspirazioni sono prive di fondamento. Un mondo futile e privo d'emozioni, nel quale anche il ruolo della donna non è più quello della dark lady, ma di vittima - suo malgrado - di un sentimentalismo del tutto fuori luogo e fuori tempo. Lo stesso uso metalinguistico di stacchi pubblicitari, che scandiscono le testimonianze su Stavros, rileva ironicamente come qualsiasi dramma umano debba inevitabilmente piegarsi a un debordante interesse commerciale. È un cosmo indegno e invivibile quello che ne esce fuori, tanto che Stavros, quasi un alterego di Salieri, rivolto alla sua intervistatrice ammette: 'Purtroppo questo è un mondo di usurpatori ed io non riesco a esserne esente'. [...] Stavros è ispirato alla vita di Aristotele Onassis e la trama segue, tramite un'inchiesta giornalistica, le modalità, ortodosse o meno, con le quali questo magnate ha potuto edificare il suo impero economico. In qualche modo, Salieri si ricollega a una serie di pellicole che utilizzando una struttura narrativa posta da una teoria di testimonianze, rese talvolta proprio come flashback ad incastri, miravano o a delineare la personalità del protagonista [Il bruto e la bella (1952) di Vincente Minnelli, Mica scema la ragazza! (1972) di Francois Truffaut, Lenny (1974) di Bob Fosse, Reds (1981) di Warren Beatty, La vera vita di Antonio H. (1994) di Enzo Monteleone, Da morire (1994) di Gus Van Sant, Private Parts (1997) di Betty Thomas] oppure a ricostruire una presunta verità [Citizen Kane (1941) di Orson Welles, I gangsters (1946) di Robert Siodmak, Contratto per uccidere (1964) di Don Siegel, Salvatore Giuliano (1961), Il caso Mattei (1972) e Cronaca di una morte annunciata (1987) di Francesco Rosi, JFK (1991) di Oliver Stone]. Salieri usa gli inserti come ironica autocitazione: il bagnoschiuma Ranieri, l'acqua oligominerale Roccaforte, lo shampoo Madalina Ray, passata di pomodori Joaly, la birra Goldlight, il vino Colmax e, ovviamente, lo champagne Salieri. L'uso alienante degli inserti pubblicitari è peraltro ritrovabile in Ginger e Fred (1986) di Federico Fellini o in Robocop (1987) di Paul Verhoeven."

(Saverio Giannatempo) [1]

 

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Stavros: Alain L'Yle, Philippe Dean e Lisa Belle 

 

Il cinema porno in Italia - Dal prototipo dannunziano ai primi anni Novanta [2]

(Articolo di Fabio Giovannini e Antonio Tentori)

 

"Il cinema porno italiano può forse vantare radici nobili e antiche: al Festival Fiuggi/Platea Europa dedicato, nel luglio del 1993, al tema della trasgressione, viene proiettato un filmino a luce rossa che risale al 1911, attribuito (molto arbitrariamente) al vate e scrittore Gabriele D'Annunzio che per qualcuno potrebbe non solo averlo scritto, ma anche interpretato. La pellicola si intitola Saffo e Priapo, è stata ritrovata a Roma negli anni Quaranta, dura solo una decina di minuti ed è muta. La minitrama si incentra sull'incontro lesbico di una signora con una sua amica, spiato da una giovane cameriera, vergine, che viene scoperta e punita con una dose di sculacciate, ma poi «consolata» da un virile frate barbuto (dietro la cui tonaca dovrebbe celarsi proprio D'Annunzio), a sua volta in seguito punito da un fallo di pietra avuto come regalo dalla signora. Tra i vari prototipi di film del primo Novecento, è comprensibile che questo filmino abbia suscitato polemiche e interrogativi: per gli studiosi dell'opera del poeta non esisterebbero, infatti, prove autentiche della paternità di Saffo e Priapo, che potrebbe essere di nazionalità francese, oppure realizzato da persone vicine al poeta, come rivela lo stile chiaramente dannunziano delle didascalie. In ogni caso in quel periodo Gabriele D'Annunzio era particolarmente interessato al cinema e si conosce la sua predisposizione all'erotismo nelle forme più varie, dai suoi stessi romanzi alle fotografie delle sue amanti senza veli che amava immortalare al Vittoriale. Trasmesso anche su Rai Tre in un Fuori orario notturno di Enrico Ghezzi, Saffo e Priapo, indipendentemente dalla paternità dannunziana, rappresenta un esempio di pornografia «clandestina» particolarmente diffusa in diversi Paesi dall'inizio del Novecento, prototipo del cinema porno che sarebbe comparso in Italia soltanto molti decenni dopo. Ecco perché dobbiamo subito compiere un salto di oltre mezzo secolo per individuare ufficialmente la nascita del genere: dal primo film, l'ormai mitico Sesso nero (1980) di Massaccesi-D'Amato, molte cose sono naturalmente cambiate. Oggi, tecnicamente, il cinema porno vero e proprio non esiste più o meglio non esiste più come una volta, dal momento che la pellicola è stata gradualmente ma inesorabilmente sostituita dal video, mezzo senza dubbio più economico e versatile. A parte le varie differenze che naturalmente intercorrono tra l'hard italiano degli esordi e quello attuale, esiste in ogni caso la storia di un autentico genere cinematografico, che ha riempito le sale di pubblico e ha creato pornostar e film in grado di rivaleggiare con il porno europeo o americano. L'inizio del genere risale alla fine degli anni Settanta, quando ormai i film erotici si facevano sempre più spinti e morbosi nel tentativo di riconquistare il pubblico, mentre altri generi popolari come il western e il poliziesco stavano tramontando. È un periodo in cui il cinema italiano di genere attraversa un difficile momento di crisi, soltanto in parte attenuata dalla commedia sexy e, in misura minore, dal thriller e dal fantastico-horror. Il successo di un film come Gola profonda (circolato integralmente nella nostra nazione solo nel 1977) di Gerard Damiano contribuisce alla nascita del porno in Italia, prima con l'introduzione dei famosi «insert», ossia scene hard prese da pellicole di solito estere e inserite in film erotici, quindi con la realizzazione di film veri e propri. Nascono anche le sale «a luci rosse» specializzate nella proiezione di porno dove, dato il contenuto dei film rigorosamente vietati ai minori di diciotto anni, si espone il materiale fotografico solo all'interno dei cinema. Il 1978 è l'anno chiave per il genere porno italiano: Aristide Massaccesi, meglio noto come Joe D'Amato (il più ricorrente tra i suoi pseudonimi), si trova a Santo Domingo per girare Papaya dei Caraibi e nelle stesse locations dirige anche cinque porno, uno dei quali è appunto il capostipite del filone, Sesso nero. Il genere comincia a prolificare, registi-artigiani del cinema italiano come Mario Siciliano, Arduino Sacco, Antonio D'Agostino, Luca Damiano, Mario Bianchi, Andrea Bianchi, si cimentano con il porno. E fin dall'inizio il cinema hard realizzato in Italia si ispira frequentemente ai generi popolari, dalla commedia all'horror, in una contaminazione che culminerà nelle pornotrasposizioni di testi e personaggi famosi operate da Joe D'Amato e Luca Damiano. Nascono anche le prime pornodive, tra cui Marina Frajese, proveniente dal cinema erotico, Guya Lauri Filzi, Laura Levi, e i primi pornoattori, come Mark Shanon, al secolo Manlio Cersosimo. Verso la seconda metà degli anni Ottanta emerge Riccardo Schicchi (1953 - 2012), fotografo, manager e regista, figura fondamentale del porno italiano: è la volta di Cicciolina, pseudonimo di Ilona Staller, anche lei con precedenti esperienze nel filone erotico, e quindi dell'agenzia «Diva Futura» di cui faranno parte famose pornostar come Moana Pozzi, Barbarella, Eva Orlowsky, Milly D'Abbraccio. Diversa, invece, la presenza nell'hard di sexystar in declino e dalle travagliate vicende personali, da Lilli Carati a Paola Senatore e Karin Schubert, che hanno lavorato nel porno per necessità e non per scelta. Negli anni Novanta cominceranno a farsi conoscere altre agguerrite pornodive come Selen, Luana Borgia e Jessica Rizzo. Sul fronte maschile, invece, soltanto all'inizio degli anni Novanta prende a brillare la stella di Rocco Tano, in arte Siffredi, destinato ad avere un grande e carismatico successo di pornodivo, e a debuttare anche in qualità di regista, mentre Robert Malone rimane tuttora uno dei più validi attori professionisti dell'hard."

 

 

NOTE

 

[1] "SchermiHardenti - Pornocinema italiano e dintorni" (Profondo rosso edizioni), pag. 137 - 146.

 

[2] "Porn'Italia - Il cinema erotico italiano" (Stampa Alternativa), pag. 107 - 108 - 109.

 

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Stavros: Julia Taylor

 

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Stavros: intermezzo pubblicitario

 

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Stavros: Alain L'Yle e Joaly

 

"Il sesso, dalla filosofia come dalla letteratura, dalla poesia come dal cinema, è considerato interessante per il suo valore di pratica relazionale umana, per il suo legame con certe sfere emozionali, per il suo valore politico, per i suoi aspetti antropologici, per le sue implicazioni sociali. Del tutto ignorati sono gli aspetti intrinseci, tecnici, artigianali."

(Valentina Nappi)

 

N.B.: il seguente video è riservato solo ed esclusivamente a un pubblico adulto 

Stavros (Mario Salieri, 1999) - Clip

 

F.P. 26/11/2023 - Versione visionata in lingua italiana (durate: Stavros 1, 80'01"; Stavros 2, 78'15" - totale 158'16")

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