Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
"Emilia Perez" è stata una delle maggiori sorprese cinematografiche del 2024, un film d'autore su tematiche certamente non commerciali che ha avuto un gran successo al festival di Cannes, adesso ha preso ben 13 candidature agli Oscar, ed è l'ennesima prova della vitalità artistica del cinema di Jacques Audiard. Un mix arrischiato di generi, una pellicola coraggiosa, forte, provocatoria, una "tragedia musicale" che sceglie di contaminare il melodramma con balletti e canzoni in lingua spagnola dal sapore ben poco hollywoodiano.
Ad essere inusuale è soprattutto la vicenda di questo potente spacciatore di droga che vuole diventare donna, Manitas del Monte/Emilia Perez, un leader del narcotraffico con molte vittime sulla coscienza che dopo aver abbracciato un'identità femminile crea una ONG per recuperare i corpi dei desaparecidos, con una lettura inedita della transizione di genere che non ha mancato di scatenare polemiche e accuse di strumentalizzazione ideologica. A mio modesto parere, il film sceglie una rappresentazione inedita per scavare nelle contraddizioni personali e sociali di chi è stato costretto a mettere da parte il proprio essere più autentico per sopravvivere in una giungla dove a dominare è ormai la ferocia, ma non è privo di qualche voluta ambiguità, sia perché la trama presenta alcune inverosimiglianze un po' troppo macroscopiche come il mancato riconoscimento di Emilia soprattutto da parte dei suoi familiari, sia perché gli sceneggiatori tendono a caricare un po' troppo di significati simbolici il calvario di Emilia, che da trans diventa praticamente una martire mentre prima era uno spietato carnefice.
Lo spettacolo ad ogni modo funziona, se si accettano alcuni compromessi con il plot, ed è ricco di prospettive raramente esplorate in maniera così penetrante, con le canzoni di Clement Ducol e di Camille che non saranno le più memorabili che si siano ascoltate in un musical, ma hanno quasi sempre la giusta carica emotiva e vanno a dare nerbo tante piccole performance visive dove la trama si rispecchia in maniera interessante. Ottimo il contributo del cast in generale, con la newcomer (almeno per noi) Karla Sofia Gascon che conferisce un rilievo affascinante alla figura di Emilia, un'interpretazione anche più memorabile rispetto a quanto ricordiamo di figure trans in film come quelli di Almodovar; eccellente anche Zoe Saldana, che ha vinto moltissimi premi e si è prenotato l'Oscar come migliore attrice non protagonista (anche se di fatto è la co-protagonista del film). Buone le prestazioni in ruoli decisamente più defilati di Selena Gomez e Adriana Paz, anche se io personalmente non le avrei premiate al festival di Cannes insieme alle altre due, perché hanno molto meno spazio e non reggono il confronto. Nel complesso un'operazione meritevole, un film che si addentra in territori poco esplorati e che, pur con qualche inevitabile cedimento allo stereotipo sul folklore messicano, riesce a dipingere un quadro di precarietà sociale, affettiva e identitaria che non si dimentica facilmente, tra i più vividi realizzati in un film nell'anno passato.
Voto 8/10
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