Espandi menu
cerca
Emilia Pérez

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

Recensioni

L'autore

port cros

port cros

Iscritto dall'8 settembre 2013 Vai al suo profilo
  • Seguaci 47
  • Post 4
  • Recensioni 681
  • Playlist 19
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Emilia Pérez

di port cros
6 stelle

Transessualità e cartelli della droga in un rutilante melo-musical fuori dagli schemi e a cavallo dei generi, dove però l'originalità e l'abile messinscena di Audiard solo in parte mascherano faciloneria di contenuto nella scrittura di trama e personaggi, per cui il film appaga alla visione ma finisce per restare in superficie.

Zoë Saldana

Emilia Pérez (2024): Zoë Saldana

 

Rita, una brillante ma sottovalutata avvocatessa, viene reclutata da Manitas del Monte, temuto boss dei cartelli messicani del narcotraffico, per assisterlo nella realizzazione del suo sogno segreto covato per l'intera vita: il cambio di sesso. Compito della legale non è solo l'organizzazione dell'operazione chirurgica, ma soprattutto il trasferimento su conti occulti degli ingenti fondi e la pianificazione di una nuova vita per il malvivente, di cui verrà simulata la morte violenta, e per l'ignara moglie ed i figli, inviati in Svizzera. Ma dopo 4 anni Rita incontra non casualmente a Londra una ricca signora messicana, Emilia Pérez, che l'ha rintracciata per affidarle un nuovo compito: riportare in Messico la famiglia da cui non riesce a stare lontana.

 

Nel film il cambio di genere del(la) protagonista comporta un altrettanto radicale cambio di valori: da uomo era un feroce criminale, da donna diventa una paladina della giustizia che , pentita dei suoi passati crimini, fonda una ong per aiutare le famiglie dei desaparecidos a ritrovare i corpi dei loro cari massacrati dai cartelli. Non vediamo questa transizione , avvenuta verosimilmente nei quattro anni dopo l'operazione , dato che il boss continuava con i vecchi metodi mafiosi persino dopo aver ingaggiato Rita, e poi le si presenta al ristorante londinese come una distinta ed affabile signora: non ci viene spiegato, dobbiamo semplicemente accettare che sia andata così. Il vecchio Manitas sembra riaffiorare, anche nella voce, soltanto in un momento successivo in cui la paura di riperdere i figli fa smarrire a Emilia il controllo di sé, ma il film non segue la strada dell'immutabilità della natura profonda di una persona, e nel finale Emilia ritorna a fare la santa martire, la cui effige si porta addirittura in processione.

 

Il rapporto tra Emilia e l'avvocatessa Rita dapprima basato su opportunismo e minacce evolve in una sorellanza che le unisce anche nella comune missione sociale e umanitaria. Quello tra Emilia e la moglie Jessi, dove dobbiamo sospendere parecchia incredulità per convincerci che quest'ultima possa non riconoscere il marito nella sedicente cugina, è più tormentato: decide di non condividere il suo percorso con la moglie e la abbandona facendosi credere anche da lei morto, ma un sentimento rimane acceso nonostante tutto. C'è anche la relazione sentimentale della transessuale con Epifania, la vedova di un desaparecido per cui la scomparsa del marito violento ha rappresentato un sollievo.

 

Karla Sofía Gascón, Zoë Saldana

Emilia Pérez (2024): Karla Sofía Gascón, Zoë Saldana

 

Il regista francese Jacques Audiard affronta una storia messicana, ma girata in studio Parigi, frullando in una mescolanza ardita vari generi, dal melo al musical al noir, in un'opera fuori dai canoni , che cerca di abbracciare tematiche disparate come il transgenderismo e la tragedia delle migliaia di vittime dei narco-cartellli.

Le canzoni scritte da Clément Ducol e Camille Dalmais musicalmente non sono eccelse, quella dell'ospedale pene-vagina francamente imbarazzante altre un po' meglio, ma il regista compensa dimostrando abilità nel girare numeri musical rutilanti e coinvolgenti pur con canzoni mediocri e coreografie semplici. Audiard entra nel territorio di un certo cinema di Almodóvar , ma realizza un'opera di spiccata originalità, che è il suo punto di forza insieme alla maestria della messinscena e ad un ritmo incalzante che mantiene l'intreccio avvincente nonostante gli aspetti inverosimili della trama e personaggi la cui scrittura non è ben calibrata. La confezione mi pare quindi molto più riuscita del contenuto, che mostra un po' di corda e di faciloneria soprattutto riflettendoci nei giorni successivi alla visione, che è comunque appagante per le suddette ragioni. 

Tra le interpreti Zoe Saldaña (l'avvocato) è la più brava, candidata/premiata come non protagonista nonostante sia innegabile protagonista della pellicola quanto l'attrice trans Karla Sofía Gascón nel ruolo del titolo, che interpreta anche nella versione maschile barbuta. Selena Gomez, più pop starlette che attrice, invece non mi ha proprio convinto nel ruolo della moglie.

 

La superficialità morale che mi lascia perplesso nel film è quella di empatizzare e anzi esaltare un personaggio dal passato tanto torbido che non affronta un reale percorso di pentimento ed espiazione, semplicemente dobbiamo credere che cambiando sesso è diventato buono. La sceneggiatura furbescamente ce la fa vedere mentre con l'ong aiuta non tanto le vittime dei suoi personali crimini ma in generale quelle del sistema dei cartelli, da cui ora si presenta come qualcosa di separato anzi di opposto: non veniamo mai a sapere chi e perché Manitas ha fatto uccidere né ne incontriamo i familiari e la trans non sente apparentemente il bisogno di fare qualcosa per loro, ma mi pare più un trucco degli sceneggiatori per sorvolare e far dimenticare al pubblico chi era nella sua prima vita l'eroina del film, che però in questo modo diventa sotto questo aspetto un personaggio superficiale nel suo non fare mai seriamente i conti con i fantasmi del passato.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati