Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE - FESTIVAL DI CANNES 2024 - CONCORSO.
Il decimo film del grande regista Jacques Audiard è stato un successo al Festival di Cannes, durante la cui kermesse il film è stato oggetto di entusiasmo ben più che la Palma d'Oro effettiva, quel Anora di Sean Baker che ha lasciato spesso perplessi o poco convinti.
La vicenda vede coinvolta la intraprendente avvocatessa quarantenne Rita Castro (Zoe Saldana) , contattata da un pericoloso boss dei cartelli della droga, Manitas del Monte, affiché ella si occupi di inscenare la propria morte, in modo da consentirgli di ritirarsi ed esaudire il suo sogno fino a poco tempo prima apparentemente irrealizzabile: diventare una donna. Il progetto, per quanto improbabile, finisce per riuscire, ma solo allora Manitas, diventato Emilia Perez (Karla Sofía Gascón, nella versione italiana doppiata da Vladimir Luxuria), si rende conto di non poter fare a meno non tanto della giovane moglie, quanto in particolare dei suoi due bambini.
Pertanto, spacciandosi per una facoltosa lontana parente di Manitas, li rintraccia dal paradiso svizzero ove li ha indotti a rifugiarsi attraverso il suo elaborato piano con l'aiuto di Rita e li conduce ad abitare assieme a lei.
Non ipotizzando il piano che la giovane irrequieta mogliettina-presunta vedova (Selena Gomez) sta mettendo in atto con un suo laido complice (Edgar Ramirez) .
Audiard si serve di effervescenti e riusciti sipario musical per trasformare il thriller in un melodramma dal colore sanguigno e vitale, dando vita ad un feuilleton dal finale tragico ed amaro, in grado di creare pathos e suscitare grandi entusiasmi sul pubblico.
Ma anche un escamotage - il musical - per poter affrontare abilmente cambi di registro e sviluppi melodrammatico senza cadere in trappole ricattatorie o finire soggiigati da eccessivo pstetismo: una furbata, ma onore al merito.
E una reazione di entusiasmo visibile anche in sala in Francia, ove il film è uscito mesi fa registrando ottima accoglienza, che prevede talvta anche inusuali congedi dallo spettacolo con fragorosi e spontanei applausi, manco ci si trovasse alla proiezione festivaliera.
Audiard studia tutto con astuzia e lungimiranza, dirige con la nota maestria un film che trasuda sentimenti e struggimenti almodovariani, affrontando i quali viene da considerare come oggi la figura maschile venga sempre più utilizzata per impersonare il male assoluto.
Manitas è boss e uomo.
Per abbandonare tutto e vivere di solidarietà e soccorso del prossimo deve trasformarsi in donna.
È una argomentazione che alla lunga rischia di rivelarsi un po' troppo scontata o meccanica, studiata astutamente per creare facile consenso e complice pathos, e che infatti il pubblico - ci sono le prove tangibili - dimostra di apprezzare incondizionatamente, senza arrivare a pensare di trovarsi un po' intrappolato in un ricatto emotivo un po' generalista, frutto certo di innegabili verità ed esperienze drammaticamente documentate da cronaca e stampa, ma anche un po' troppo strumentalizzato ed abusato.
Detto questo, è certo che le quattro brave interpreti coinvolte, Zoe Saldana, la cantante Selena Gomez, Adriana Paz, e la dirompente Karla Sofía Gascón (praticamente la sosia del noto chirurgo estetico Giacomo Urtis), meritino il premio cumulativo come migliori interpreti femminili.
Il Premio della Giuria è probabilmente molto frutto di questa galvanizzazione collettiva che la storia, raccontata tenendo il piede sull'acceleratore, produce incondizionatamente sullo spettatore.
Senza parlare della visione stereotipata e semplicistica di un Messico-alveare di anime criminali che pare solo un girone infernale ovunque, generalizzando eccessivamente.
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