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La rivolta

Regia di Yilmaz Güney vedi scheda film

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La recensione su La rivolta

di Peppe Comune
9 stelle

Ispirato a una sommossa avvenuta nel 1976, quando lo stesso Yilmaz Guney era in galera, "Le mur" è la cronaca delle nefandezze compiute nel carcere turco di Ankara e la rivolta di cui si parla è quella fatta per chiedere condizioni di vita più umane. Pur non trascurando gli altri settori (il femminile, il politico e quello dei criminali comuni), il film si concentra soprattutto su quello minorile, la quarta camerata, il covo dei pidocchi, quello senza stufe, senza doccie e con la necessità di dormire in due in un solo letto.

"Le mur" è un viaggio allucinante dentro le barbarie di cui sono capaci gli uomini pur di giungere al fine annientare un loro simile, di ridurre a zero la loro volontà di resistere. Ciò che più da la misura di questo aspetto sono i discorsi dei ragazzi, che non sognano di ritornare a casa dalle loro famiglie, di uscire dal carcere per ritornare ad essere persone libere, ma di cambiare semplicemente istituto, perchè hanno saputo che in uno ci si lava almeno una volta a settimana e dalle inferriate è possibile vedere le auto passare, mentre in un'altro c'è addirittura la televisione. "Per noi non esiste la vita da nessuna parte", dice Ziya che ritorna in carcere dopo un'evasione durata giusto il tempo per scoprire che la cagna Testanera, l'unico essere vivente che gli volesse veramente bene, è stata avvelenata dagli impiegati del comune. Quello spicchio di vita fuori dal carcere sembra essere servito a Ziya per constatare che per loro non c'è possibilità di cambiare condizione di vita, per capire che fuori non c'è altro che una prigione molto più grande. Il ragazzo prende inconsapevolmente coscienza che il carcere in cui sono reclusi è solo un'aspetto di una più generale degradazione politica e sociale del paese e che proprio loro, i giovani turchi, devono essere educati all'obbedienza cieca, abituati alla sottomissione, si da considerarla come una condizione esistenziale da cui non ci si può emancipare. Con stile asciutto e un realismo che non fa nessuna concessione alla retorica di maniera, Yilmaz Guney, dopo "Yol", da ancora prova di notevoli capacità registiche dimostrando, non solo di conoscere bene la materia di cui parla, ma anche di vivere il suo lavoro come una missione da compiere, come chi crede che il cinema sia uno degli strumenti dati all'uomo per generare sdegno attorno a orrori sconosciuti, di dare testimonianza su realtà dimenticate. Lontanissimo dagli stilemi tipicamente hollywoodiani sul filone carcerario, (in cui c'è sempre un'eroe muscoloso che stoicamente resiste alle angherie dei cattivi di turno), il film è contrassegnato da una secchezza formale che induce a riflettere sulla necessaria inderdipendenza tra il microcosmo rappresentato è quell'insieme di fattori che l'hanno prodotto che fanno la Turchia intera. Opere come "Le mur" vanno promosse proprio perhè non concedono nulla alla mera spettacolarizzazione dell'oggetto cinematografico, anzi, credo  che nella sua voluta antispettacolarità c'è l'evidente intenzione di Yilmaz Guney di fare un cinema che ha nella portata testamentaria la sua capacità di durare nel tempo. Un capolavoro da recuperare di un grande autore dimenticato.

 

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