Regia di Daniel Vigne vedi scheda film
In un villaggio nel sud della Francia, verso la metà del ’500, Martin sposa Bertrande: sono entrambi giovanissimi, inizialmente hanno difficoltà a consumare un rapporto, ma riescono a fare un figlio; poi un giorno lui sparisce senza dire nulla a nessuno. Torna anni dopo, raccontando di aver partecipato alle campagne militari contro la Spagna: la moglie lo riaccoglie, le cose tra loro vanno meglio; ma intanto due vagabondi sostengono che si tratta di un certo Pansette e, quando lui chiede che gli venga data la sua parte del patrimonio di famiglia, lo zio coglie il pretesto per denunciarlo. Accurata ricostruzione d’epoca per un soggetto intrigante (basato su un celebre caso giudiziario), svolto con moderato pathos. Per la maggior parte del film non si sa per chi parteggiare: Martin conosce particolari della vita di tutti, però ha qualche strana dimenticanza (l’armadio dove sono custodite le candele); d’altra parte lo zio è un prepotente, attento solo a difendere i propri interessi, ma ciò non implica necessariamente che abbia torto. Non vengono prodotti argomenti decisivi, e anche quelli che sembrerebbero esserlo (la cicatrice sulla fronte, lo stampo del calzolaio) vengono revocati in dubbio: ci sono solo testimonianze a favore e contro, che producono una situazione di stallo da cui sembra di non poter uscire. Poi a sorpresa arriva un uomo privo di una gamba, che sostiene di essere il vero Martin: a quel punto Bertrande diventa l’ago della bilancia. La scena più toccante è quella dell’ultimo, drammatico colloquio fra lei e il giudice (che, informa la voce off, finirà anche lui impiccato per la sua fede protestante): la commovente perorazione di una donna disprezzata e abbandonata, che ha mentito per difendere l’armonia domestica finalmente raggiunta.
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