Regia di Riccardo Milani vedi scheda film
Molto più interessanti Gaber, la sua musica e le sue 'libertà' rispetto ai convitati, purtroppo non di pietra. Eccezionalmente si salva, nel complesso, Pierluigi Bersani - nonostante, forse e per qualcuno, le apparenze, meno stupido dello schieramento politico che l'ha ospitato per una vita. Anche a me poi, come ad Aldo Grasso, quando ho sentito le sciocchezze di Mario Capanna sono venuti i brividi ('Mi sono venuti i brividi quando è intervenuto Mario Capanna a spiegare il passaggio di Giorgio Gaber dalla vita borghese all’impegno politico: come se il 68 fosse stato per Gaber un anno palingenetico, la scoperta della verità, la resurrezione a nuova vita: «un percorso di sinistra» come ribadiscono Gino & Michele' - Aldo Grasso). Che esista ancora uno così, che a quasi ottant'anni è rimasto lo stesso vuoto ideologo che era a 20, è qualcosa che desta preoccupazione - anche se non c'è da stupirsi essendo stato allievo di Emanuele Severino. Quasi altrettanto insopportabile poi è la combriccola degli amichetti del e a cominciare dal regista Riccardo Milani (davvero strabiliante che non ci siano Paola Cortellesi e Antonio Albanese), la cui regia in questo caso non si rivela particolarmente brillante - posto che stiamo sempre parlando di un documentario e non di gatti, tangenziali e Coccia di Morto. Visto che tra gli interventi, pochi di un qualche interesse e/o rilevanza, molti potevano essere accorciati ulteriormente (e per quanto mi riguarda altri totalmente eliminati), anche la durata eccessiva risulta un punto a sfavore. Cionondimeno, se siete tra quelli per cui 'Gaber è sempre Gaber', una visione potrebbe meritarla.
Purtroppo, più ci si avvicina cronologicamente ai nostri giorni più risulta chiaro, dalle parole di Gaber così come da quelle dei convitati, non tanto che 'la mia generazione ha perso' ('ma vende i dischi' scherza Gaber; l'ultima parte ruota tutta attorno alla supposta generazione perdente: in che senso lo è, perché lo è, cosa non ha fatto, cosa poteva fare, le aspettativa frustrate - quindi la percezione - sottolinea giustamente Bersani) quanto il fatto che, quella italiana, non avesse/abbia minimamente, e si sia rifiutata di acquisire (un privilegio, molto costoso e parassitico, non un diritto), dagli anni '80 in poi, gli strumenti per comprendere il mondo che cambia ed è esattamente questo che ha lasciato (ci si chiede nel documentario a un certo punto quali valori, ideali e visioni del mondo 'questa generazione' avrebbe lasciato), in media, ai posteri: questa ottusità, incapacità, pigrizia, ignoranza, che producono disadattamento, frustrazione, passatismo - politicamente trasversale, dal momento che accomuna tutti quelli che non avendo gli strumenti per, né la voglia di, comprendere il presente preferiscono rifugiarsi nel passato, un tipo di passato che in genere non è mai esistito e che genera rifiuto della realtà, dissociazione dalla stessa e bolle utopiche, profondamente reazionarie infine, come praticamente tutte le utopie (in media si legge molto poco, gli italiani sono sotto media e, se andate a vedere cosa si legge, i libri più venduti, tolti i romanzetti rosa da due soldi, nella cosiddetta saggistica risultano i libri di giornalisti che parlano senza competenze del passato vicino e lontano, dai Bruno Vespa agli Aldo Cazzullo. Non è un caso).
Alla lista dei lasciti aggiungerei anche ipocrisia e incoerenza, che è logica prima ancora che etica e morale (saran mica tutti negativi questi lasciti? Certo che no ma, questa, è la strada che si è scelta nel documentario quindi resto in carreggiata. Inoltre, quelli che ritengo positivi dubito fortemente che sia Gaber che i convitati li ritengano tali, almeno apparentemente, ipocritamente e in piena coerenza con l'incoerenza di cui sopra). Il Luporini che ciancia di comunismo in e da quella cornice assume una dimensione paradigmatica (ma anche il Claudio Bisio che declama Gaber sul mercato brutto e cattivo, 'la vittoria dell'ideologia del mercato': in un paese in cui lo stato intermedia la stragrande maggioranza del PIL, sicuro Giorgè? E comunque Bisio? Ma davvero? Per carità io sono uno schifoso e fiero 'capitalista' con monocolo e bombetta quindi mi importa sega ma... Bisio? Eppure, questa mancina combriccola dovrebbe ricordarsi un'altra figura paradigmatica come la Stefania smerdata da Jep Gambardella sulla terrazza romana, o no?) e, a proposito di arte - Luporini è noto pittore - mi ricorda tutti i Ranuccio Bianchi Bandinelli, Antonio Giuliano, Andrea Carandini, Paolo Matthiae e Salvatore Settis di questo mondo - non è un caso che siano tutti storici dell'arte ed archeologi, era e in parte è ancora un settore ad alto tasso di nobili ed erremosciati alla Federico Rampini, che cianciano di marxismi (l'ultimo, à la page come sempre, è passato a cianciare di 'geopolitica' dal momento ch'è la moda - sarebbe comico se non fosse tragico) e scrivono editoriali sul manifesto da ville storiche di famiglia ed attici a Manhattan (in fin dei conti lo faceva anche Marx con i soldini del 'capitalista di famiglia' Engels, del resto che altro è il comunismo se non l'utopia e la pretesa - adolescenziali - di poter estendere come diritto l'ideale di vita oziosa del nobile ereditiere a tutta l'umanità?). Nell'ultima mezz'ora in effetti sfocia davvero nella spazzatura e nel patetico, rovinando un po' quanto di buono eventualmente ci fosse prima - ma d'altro canto l'orientamento quello è, inutile rimproverare a un cane che abbaia, intanto non morde ma poi che dovrebbe fare, nitrire? Ragliare forse, quello sì sarebbe più adatto ad etichettare certi sproloqui, compresi quelli del Gaber ideologo.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta