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Io, noi e Gaber

Regia di Riccardo Milani vedi scheda film

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La recensione su Io, noi e Gaber

di barabbovich
4 stelle

C'è assoluta trasparenza nel titolo (Io, noi e Gaber) che, sulla carta, vorrebbe essere un tributo a quel gigante del teatro-canzone che è stato Giorgio Gaber, in occasione del ventennale della sua scomparsa. Quell'io denuncia infatti la presenza, insistita quanto fastidiosa, della figlia Dalia Gaberscik, che ha aperto lo scrigno delle meraviglie della Fondazione Giorgio Gaber, permettendo la realizzazione delle uniche parti davvero succulente del film: quelle in cui vediamo Gaber sul palco, o lo ascoltiamo in occasione delle interviste. Il film di Riccardo Milani (qui al suo secondo documentario dopo quello dedicato a Gigi Riva, Nel nostro cielo un rombo di tuono) non arriva neppure al minimo sindacale del compitino scritto bene. Le due ore e dieci (troppe, per un film come questo) seguono rigidamente la cronologia del percorso artistico del cantante-attore milanese, riservando la prima (sproporzionata) metà agli anni Sessanta, quelli dei successi televisivi, per poi fare finalmente spazio al Gaber che, dopo la svolta del "Signor G", inventò il teatro-canzone. Il tutto accompagnato da testimonianze in gran parte prescindibili, a cominciare da quella di Jovanotti, autentico maestro del vuoto pneumatico, o di Gino e Michele, che si intestano la paternità ante litteram di Destra-Sinistra (evidentemente non avendo mai visto il monologo di Flavio Bucci in Maledetti vi amerò, anteriore di ben tre lustri). Ben altro spessore hanno le voci di Pier Luigi Bersani, Michele Serra e Sandro Luporini, per decenni dioscuro dello stesso Gaber nell'esperienza del teatro-canzone. Poi, certo, c'è l'interessante accostamento alla figura di Pasolini e ci sono le canzoni come Quando è moda è moda, Io se fossi Dio, Far finta di essere sani e una miriade di altri capolavori immortali e attualissimi, c'è il corpo - snodato e flessibile - di Gaber, c'è la sua mimica irresistibile, la sua magnifica voce, ma l'io e il noi del titolo mortificano quello che avrebbe potuto essere un tributo a un maestro del pensiero, qui ridotto quasi al ruolo di comprimario.

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