Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Un'ora e un quarto di durata, quattro soli personaggi (con breve comparsata del regista), azione poca, ma un fitto intreccio psicologico ed una moltitudine di ruoli e di rapporti fra i protagonisti. I tre attori sono marito, moglie ed amante (marito consenziente) e per di più anche il giudice è innamorato della donna; nonostante questo, lei appare (e realmente a letto risulta) frigida, distante da chi la circonda; il giudice, cioè la legge, le istituzioni, è una figura spregevole, antipatica, tormentata da una sudorazione eccessiva che lo rende ancora più inavvicinabile e fastidioso per i tre inquisiti. E, nella confessione finale, ammette di essere lì praticamente per caso e di non sentirsi affatto adatto a giudicare, come una beffa della sorte. E la beffa si ritorce contro di lui, uccidendolo nel tanto atteso momento della rappresentazione: la legge non è pronta (adatta) a sostenere il peso e la grazia dell'arte?
Tre attori vengono convocati da un giudice per un'accusa di oscenità. Interrogati separatamente, generano perplessità e curiosità nell'uomo, che infine chiede di assistere ad una rappresentazione in privato dell'opera incriminata. Ma, una volta messo di fronte alla messa in scena, allestita nel suo ufficio, il giudice ha un infarto e muore.
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