Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
Un'altra parabola bergmaniana sulla sacralità della creazione artistica, svolta attraverso una struttura da inchiesta che mette a confronto un giudice con tre attori accusati di una rappresentazione oscena. Girato per la televisione, tutto in interni e a basso costo, risente di un'eccessiva logorrea piuttosto teatrale (e di una divisione piuttosto netta in nove scene, secondo la convenzione del palcoscenico) nonostante la breve durata di 72 minuti. Gli attori svolgono il loro compito con la consumata bravura che gli deriva dalla lunga collaborazione col regista, ma il film rischia di essere troppo statico e poco coinvolgente. Uno dei pochissimi film, se non l'unico, in cui Bergman appare come attore nel ruolo del confessore. Le angosce e i tormenti sull'"inferno dei vivi" ci sono tutti, e la conclusione è decisamente poco rassicurante; probabilmente si tratta, fra le altre cose, di un attacco alle velleità censorie delle istituzioni e della magistratura, e di una estrema difesa della libertà inalienabile dell'arte, anche quando va a toccare tematiche difficili e controverse (come spesso Bergman aveva fatto in precedenza). Riuscito a metà, ma non certo da buttare via, naturalmente.
VOTO 7
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