Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Un'infernale discesa nel baratro della solitudine da parte di una mente irreversibilmente disturbata, ma anche un viaggio compiuto dalla protagonista alla scoperta di sé stessa, della sua personalità indomita ed incontrollabile, la cui incapacità di relazionarsi con gli uomini è l'origine di una dilaniante malattia mentale. Voto 8,5
Al suo 2° lungometraggio, Roman Polanski dimostra già il suo straordinario talento realizzando un thriller psicologico che si configura sia come un’infernale discesa nel baratro della follia da parte di una mente irreversibilmente disturbata, sia come un viaggio compiuto dalla protagonista che la condurrà alla scoperta di sé stessa, della sua personalità indomita ed incontrollabile, la cui incapacità di relazionarsi e di avere rapporti con il sesso opposto è l’origine di una dilaniante malattia mentale (fino ad allora repressa) che sfocia in un epilogo dalle conseguenze tragiche. L'autore lascia intuire, senza mostrare, che l'origine della fobia della protagonista potrebbe essere riconducibile a un trauma avvenuto in passato, presumibilmente da bambina, data l'inquadratura finale della fotografia. Lo straziante senso di malessere è perfettamente riassunto nello sguardo vuoto ed allucinato della bravissima Catherine Deneuve. Nonostante i pochissimi dialoghi, il regista, grazie soprattutto ad una infallibile dose di suspense e ad una cifra stilistica di indiscutibile efficacia, riesce a far acquisire alle immagini una potenza espressiva veramente notevole. Lo stato d’animo della protagonista, infatti, si riflette perfettamente nella messa in scena espressionista e nella sinuosa fotografia, che crea delle atmosfere meravigliosamente angoscianti grazie all’accurato utilizzo del bianco e nero. A parte qualche piccola imperfezione dovuta, probabilmente, alla poca esperienza dell’autore, Repulsione è un film quasi perfetto, una parabola discendente che getta le basi per molte delle opere successive di Polanski, grande esploratore dei meandri più nascosti della mente nonché attento studioso degli istinti più perversi ed imprevedibili della natura umana. In ultima analisi, probabilmente il più grande epigono di Alfred Hithcock.
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