Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Un occhio in primissimo piano che fissa oggetti che si stagliano dal loro contesto e assumono un ruolo dettagliato come protagonisti interiori di quello sguardo. Già dall'inizio nel descrivere il mondo in cui si muove la giovane estetista Carol ( una ventiduenne Denueve imparagonabilmente brava e bella a confronto di attrici ed estetiste di oggi..), il regista Polansky ne suggerisce una visione particolareggiata, dunque limitata e inglobata nella sua lettura. Carol bella e introversa è attratta e impaurita dalle proprie pulsioni sessuali, ha sempre un rapporto troppo compresso con sè e con gli altri, rifiutando ogni mediazione e dividendosi fra sensi di colpa e paure immotivate dall'origine profonda e sconosciuta. Quando resterà sola in casa per alcuni giorni le sue ossessioni prevarranno fino a travolgerla in un manifestarsi di repulsioni verso il mondo che la circonda e che la trascineranno fino al folle epilogo. Siamo solo al secondo film di Polansky e Repulsion contiene tanto di ciò che caratterizzerà il cinema moderno, estensione del linguaggio cinematografico, forme nuove di rappresentazione, tempi dilatati, profili psicologici di lettura complessa, impedimento allo spettatore di entrata nel meccanismo filmico. Davanti a Repulsion il pubblico mantiene lo sguardo critico, ben al di qua dello schermo, non si lascia coinvolgere, fa lo spettatore puro senza prendere posizione. Il film è uno psico horror che si snoda fra toni che vanno dalla commedia al thriller ad alto potenziale, il soggetto-oggetto è la paranoia di Carol che si materializza dal suo sguardo al cibo putrefatto, da meccanismi abitudinari e solitari ai rituali di superficialità e buonsenso sociale che visti con il suo occhio malato diventano segni aberranti. Polansky gira un film che è una rappresentazione tanto spinta dentro l'angoscia e l'allucinazione da farne un vero e proprio capolavoro di tensione psicologica giocato sull'invisibile filo che divide follia e apparente normalità.
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