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Repulsion

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su Repulsion

di chinaski
8 stelle

Ambientato in una insolita Londra soleggiata e ripresa attraverso un memorabile uso del bianco e nero - Una città estranea allo sguardo del regista, che da poco ci si era trasferito, le cui strade servono da scenario per gli spostamenti della protagonista (interpretata da Catherine Deneuve) e dei pedinamenti di Polanski, che la insegue con una macchina a mano, standole addosso e riproponendo lo stesso stile quando le sequenze si sposteranno nell’appartamento che Carole condivide con la sorella e nel quale si ritroverà sola, una volta che quest’ultima sarà partita per una vacanza in Italia, proprio a Pisa, la cui torre pendente appare come un simbolo fallico perfetto. Ed è proprio l’universo maschile a respingere e ripugnare Carole, i suoi tentativi di contatto fisico e quelli di seduzione finiscono in una serie di fallimenti mentre cresce all’interno della donna un senso di disagio e repulsione. 

Dopo una prima parte lenta e ripetitiva Polanski comincia a farci scivolare nella psiche della protagonista, nei suoi cambiamenti di umore e lo fa attraverso il crescente mutamento dell’ambiente in cui lei vive e degli oggetti che la circondano. Un rasoio da uomo, un coniglio scuoiato, delle patate che stanno ammuffendo. Hitchcock e Buñuel. Sentori di morte che sembrano invadere l’animo di Carole che comincia a soffrire di allucinazioni, nelle quali misteriose figure maschili la stuprano al letto (paura o desiderio?), i muri si crepano in scricchiolii infernali e sulle pareti appaiono braccia e mani che vorrebbero catturarla e possederla. Queste manifestazioni visibili del tormento interiore, trasformano il luogo domestico in un asfissiante e inquietante spazio psichico di continua instabilità, in cui assisteremo a due omicidi senza sapere fino alla fine se siano stati commessi solo nella mente di Carol oppure no.

Polanski usa anche in maniera espressiva e simbolica il sonoro, i gemiti della sorella si amplificano nel silenzio della notte come il ticchettio di un orologio che ingigantisce la lentezza del tempo trascorso, gli scrosci di pioggia di un’ultima notte segnata dalla scoperta di quanto è già successo, i muri si crepano come i labili confini di un ego in frantumi. 

La Deneuve appare come in uno stato di trance, uno zombie che cammina fra corridoi mentali senza uscita e strade di una città di cui sembra prigioniera, poi sguardi di tristezza e altri di remissione e improvvise risate d’oro quando una collega le racconta una sequenza de la Febbre dell’oro, quando Chaplin si trasforma in un pollo e il suo compare lo vuole mangiare. 

Gli occhi della Deneuve e gli universi che racchiudono, quelli che cerchiamo di scoprire in una angoscia senza nome, un primissimo piano di una pupilla, è tutto al suo interno quello che accade, la soggettività di una realtà alterata senza che ce ne possiamo fare una ragione, Repulsion è l’animo femminile messo a nudo attraverso la messinscena delle sue forze più oscure, primordiali e distruttive. Polanski ci fa scendere in quel mondo solipsistico, la sua macchina da presa, con passaggi fluidi e precisi, ci indica un percorso di pericolosa seduzione visiva, fino ad un ultimo, lungo e sinuoso movimento che ci riporta al fotogramma iniziale. 

Cosa abbiano visto quegli occhi di ragazza non potremo mai saperlo.

E nell’immaginare l’ignoto risiede un paura più profonda di qualsiasi verità.

 

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