Regia di Stuart Gordon vedi scheda film
Un Cult meritevole di tale titolo!
Il film prende le debite distanze dal racconto lovecraftiano, spostando l'epoca della narrazione e rinnovando completamente i caratteri e le storie dei personaggi, ma nonostante questo Gordon riesce a catturare la materia della novella, specialmente nell'atmosfera folle della pellicola e nella caratterizzazione di Herbert West, tanto brillante quanto ossessionato (e folle).
Emblematica la figura del dottore Hill, il quale da rianimato diventa lui stesso rianimatore, creando un esercito di redivivi lobotomizzati con cui combatterà il giovane dottore. Su questo piano, egli si configura come l'avversario di West, cui contende la scoperta del siero della rianimazione. Ma il caro dottore si pone come avversario anche dell'altro protagonista, l'altrettanto brillante (ma più umano) Cain: Hill, infatti, brama, oltre che la gloria, anche il possesso di Megan, figlia del collega rinchiuso in manicomio e fidanzata di Cain. La scena in cui la testa del dottore, sostenuta dal tronco acefalo, lecca il corpo ignudo della giovine soddisfando la sua perversa lussuria è straordinaria!
L'inquietante e affascinante figura di Herbert, novello Frankenstein, risulta difficilmente definibile: egli è una sorta di eroe benefattore per l'Umanità, intenzionato ad eliminare una volta per tutte l'orribile cancro della Morte? Oppure è semplicemente un giovane ambizioso e privo di scrupoli? O forse ancora è un folle narcisista ossessionato dalla sua ricerca, come il racconto di Lovecraft lasciava fortemente intendere? Probabilmente tutte queste ipotesi sono fondate, e contribuiscono a rendere intrigante un personaggio la cui natura non troppo originale (il mad doctor frankensteiniano è stato usato e abusato innumerevoli volte nella Letteratura e nel Cinema) rischiava di condannarlo all'anonimato, cosa che, fortunatamente, non è accaduta.
Ma la figura, secondo me, più interessante è quella di Cain, la sua evoluzione nel corso della vicenda - evoluzione che lo differenzia dal resto dei personaggi - lo pone come una sorta di proto-Herbert in versione più umana: infatti, già dalla prima scena dopo i titoli di testa, egli mostra un profondo desiderio di voler salvare la vita umana anche quando ciò risulta scientificamente impossibile, e alla fine decide di rianimare la sua amata morta, e nel farlo lo schermo si oscura completamente, ad eccezione del siero fluorescente, che possiamo vedere mentre viene iniettato nel midollo della ragazza. Questo gesto finale, accentuato da questa particolarissima scelta stilistica, potrebbe insinuare che la trasformazione del giovane discepolo nella figura del maestro è ora completa: tale scelta, più che dettata da un amore sincero e puro, sembrerebbe invece rispondere ad un amore oscuro e possessivo, un amore egoistico e, quindi, bruciato, e l'urlo di terrore (quasi sicuramente della ragazza) confermerebbe questa ipotesi decisamente negativa.
Solo la ragazza sembra salvarsi da questa Follia ossessiva maschile, e alla fine lei risulta essere la vittima di tutta la vicenda.
Davvero un'opera notevole, la cui portata non risulta essere intaccata dalla buona presenza di Ironia, e che per certi aspetti richiama, seppure in forma molto vaga, il successivo "Society - The Horror", capolavoro di Brian Yuzna (produttore di questo film e regista del suo sequel).
Voto: 9½.
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