Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
La relatività dell'esistenza umana, l'impossibilità di dare un valore qualitativo all'esperienza terrena. Questa è una delle tante chiavi di Rashomon, piccolo capolavoro girato con pochi mezzi e di nemmeno un'ora e mezza di durata, che servì a rivelare, anche con i trionfi di Venezia e dell'Oscar, la grandezza di Kurosawa, di Mifune e di tutto il cinema giapponese. La storia è ormai leggenda, le riflessioni che può ispirare sono infinite o quasi (compreso il didascalico finale con il neonato che evoca nuovi percorsi nel ciclico rincorrersi esistenziale); inequivocabile dimostrazione inoltre delle potenzialità del cinema a livello narrativo. Da vedere e basta.
Un samurai è trovato morto in un bosco, la sua donna è stata violentata da un brigante. Chi ha ucciso il samurai? La storia viene raccontata da tre uomini (un monaco, un viandante e un boscaiolo) che sostengono di averla vista di persona, ma ognuno dà un finale diverso.
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