Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film
Molto, tutto è stato detto su questo film leggendario, da parte di penne molto prestigiose, quindi è inutile ripetere male ciò che bene è già stato scritto. Ci sono due punti però sui quali nulla mi è capitato di leggere. Per quanto riguarda la trasposizione operata dal regista, due sono i racconti di Akutagawa che sono stati fusi per creare il soggetto di questo film: "Rashomon" e "Nel Bosco". In realtà, del primo c'è ben poco, solo la scenografia (la porta diroccata chiamata Rashomon), la pioggia battente e qualche situazione (la sottrazione del kimono ed il concetto del "furto di necessità"), tutti elementi non determinanti, la vicenda si trova tutta nel secondo libro. La scelta di Kurosawa però è stata ottima: Rashomon è un nome che colpisce, d'impatto, un logo, un marchio, sono convinto che il film non avrebbe avuto lo stesso successo se si fosse chiamato con il titolo del libro dal quale è tratta la storia. Akira interviene pesantemente sulla narrazione, cambia, sostituisce, toglie, altera, trasforma, addolcisce e soprattutto aggiunge, tra le altre cose il finale è tutta farina del suo sacco, anche se quella maledetta nuvola l'ha lasciato insoddisfatto. Ma è giusto così, del resto tra i due c'è un abisso: il nichilista Akutagawa muore suicida a 35 anni, Kurosawa si spegne ottantottenne dopo una vita piena di trionfi, la loro visione della vita è agli antipodi. Per finire, è curioso notare come tra Rashomon (1950) e I Sette Samurai (1953) passino solo tre anni, Toshiro Mifune in questo intervallo reciti in altri 21 (ventuno) film, ma in questi due finisca per interpretare praticamente lo stesso personaggio.
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