Regia di Jacques Deray vedi scheda film
Se non fosse per il senso di disperazione che trasmette la pellicola, si potrebbe parlare di normalissima amministrazione riferendosi a questo thriller girato da Jacques Deray nel 1965 trasponendo in immagini il romanzo di James Hadley Chase “Par un beau matin d’été”. Disperazione che è poi quella che riguarda la vita di due giovani asociali, fratello e sorella, indotti a tentare un’impresa che li ponga finalmente in condizione di superare una crisi che non è solo penuria di mezzi economici, ma piuttosto carenza di valori soprattutto morali sui quali poter poggiare la propria esistenza (una tematica spesso ricorrente nei romanzi di Hadley Chase).
A me sembra comunque che oltre al tipo di letteratura a cui si ispira, ci sia nel film anche la voglia di rinvigorire il genere con una accurata indagine psicologica e comportamentale, il che, unito alla scioltezza dell’impianto narrativo, lo fa lievitare decisamente sopra la mediocrità.
Se infatti a un osservatore poco attento alle sfumature potrebbe sembrare un’opera troppo macchinosa nell’impianto e che alla fine poco si discosta dalla solita, usurata storia di una gang dove, accanto a fior di farabutti, c’è sempre il giovane che a un certo momento recupera se stesso con una buona azione finale che lo riscatta e lo redime (e lo rende così simpatico anche al pubblico), nella sostanza pratica c’è dentro un afflato meta-cinematografico che è poi l’evidente ricordo aggiornato ai tempi (che acquisisce il senso di un sentito, meditato omaggio) di una cinematografia in voga negli anni ’30, allorché al posto di Jean-Paul Belmondo – qui efficace protagonista – appariva sullo schermo la faccia sofferta di Jean Gabin il che acuisce ancor di più quel senso di disperazione a cui accennavo sopra.. A complicare un poco le cose semmai, c’è il fatto che il tutto viene riprodotto da Deray tenendo conto dei moduli narrativi della nouvelle vague, e questo crea alla fine un curioso guazzabuglio che può anche disturbare.
Il pretesto che anima il racconto, è una rapina perpetrata ai danni di un miliardario che dovrà pagare il riscatto della propria figlia (Geraldine Chaplin) della quale si innamorerà proprio Francis, il nostro protagonista: si rileveranno così immediatamente le evidenti assonanze (con qualche variazione) che rimandano direttamente a un altro romanzo di Hadely Chase ben più corposo e significativo (“Niente orchidee per Miss Blandish”), ia conferma dell’assoluta ovvietà della storia, se non fosse appunto per quell’interessante, sottile rinvio al cinema realistico francese in auge negli anni che hanno preceduto lo spartiacque della seconda guerra mondiale di cui parlavo prima.
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