Regia di Alexander Kluge vedi scheda film
Faccio un po' fatica con Kluge. Il suo cinema è molto impegnativo, anti-narrativo, pieno di accostamenti arditi. E' modernismo estremo, "post-cinema" si direbbe. Però questo film mi ha ipnotizzato, nonostante la difficoltà a comprendere certi passaggi e certi riferimenti. E' un Kluge ispiratissimo, in ogni inquadratura, in ogni movimento di macchina. Non si fa mancare niente: piani fissi e panoramiche, carrelli e jump-cut, interviste e voci fuori campo, accelerazioni e didascalie come nel cinema muto (prima fonte di ispirazione per gli innovatori degli anni 60)...La cinegenìa dell'attrice protagonista fa il resto. Ne esce un potente e delicato ritratto di solitudine metropolitana, subita da un'outsider abbandonata da un Sistema illogico, disumano, indecifrabile: e nella parabola della giovane Anita G. si riflette, costantemente lungo tutto il film, la crisi d'identità della Germania divisa, post-hitleriana ma ancora ossessionata dal fantasma del totalitarismo.
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