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Zoolander

Regia di Ben Stiller vedi scheda film

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La recensione su Zoolander

di degoffro
6 stelle

Terzo film da regista per il comico Ben Stiller. Dopo il garbato, riuscito ed elegante "Giovani, carini e disoccupati", il disastroso e sbagliato "Il rompiscatole" con un ingombrante e fastidioso Jim Carrey, è la volta di questo "Zoolander", film che, quanto a qualità, si pone a metà strada tra i primi due. Senza la freschezza e la spontaneità del primo, ma, per fortuna, non irritante, stupido ed inutile come il secondo. L'idea di Stiller è curiosa ed accattivante: dissacrare, sbeffeggiare e mettere alla berlina, al solito e come è nel suo stile in modo demenziale, buffonesco, esilarante, a tratti anche cattivo, sempre comunque sopra le righe, il fatuo, stupido e vuoto mondo della moda ed i suoi vanitosi e superficiali protagonisti (modelli e stilisti). Senza dubbio il film può contare su molteplici gag fulminanti, spesso irresistibili. Dalla serata della premiazione in cui Zoolander, come se nulla fosse, sale sul podio a ritirare il trofeo, nonostante sia stato annunciato che il vincitore è il suo rivale, al ritorno in famiglia ed al lavoro in miniera con il padre ed i fratelli che lo rinnegano. Dalla paradossale morte degli amici di Zoolander al distributore di benzina alla sfilata a due di Zoolander e Hansel, scatenata, folle, bizzarra ed incredibile ("Grazie al cielo mi sono messo le mutande oggi"), sulle note di "Beat it" di Michael Jackson, con il Duca Bianco David Bowie a fare da arbitro. Dalla sfilata Derelicte con abiti altamente improbabili e ridicoli, fatti per lo più di rifiuti e stracci, perché ispirata agli emarginati della società, in primis barboni, vagabondi e prostitute, (forse la frecciata più velenosa verso certe passerelle in cui si vedono modelli che indossano vestiti assurdi e stravaganti, eppur molto costosi, che nessuno avrebbe mai il coraggio di mettere) al personaggio di David Duchovny, un "manista", ancora in area X-files, che ha una sua personale e quanto meno curiosa interpretazione degli omicidi di Abramo Lincoln e JFK, perché fermamente convinto che "la mandante di tutti gli attentati a sfondo politico degli ultimi 200 anni è l'industria della moda. Dietro ogni assassino si nasconde inesorabilmente un modello: i modelli non pensano con la loro testa, fanno quello che gli dici". Dallo spot Tv di Zoolander come sirenetto ai filmati di presentazione di Zoolander e Hansel alla serata per la premiazione del modello dell'anno. Dalle espressioni facciali di Zoolander (Blue Steel, Le Tigre, Ferrari, fino alla tanto attesa Magnum, tutte identiche tra loro ) al plastico del centro per ragazzi che non sanno leggere ("Cos'è questo? Un centro per formiche? Secondo lei come dovremmo fare ad insegnare ai ragazzi a leggere se neanche riescono ad entrare nell'edificio?"). Dal goffo e fallito tentativo di accensione di un computer, esattamente come i primati di "2001 odissea nello spazio" con tanto di osso per l'occorrenza, all'"orinazione" di Zoolander al funerale dei suoi tre amici. L'impressione però è che la sceneggiatura, firmata dallo stesso Stiller con la collaborazione di Drake Sather e John Hamburg (quest'ultimo avrebbe poi diretto l'attore nel fiacco "...E alla fine arriva Polly") sia troppo indecisa tra una satira corrosiva ed al vetriolo ed una ironia innocua e bonaria. Da un lato, infatti, si attaccano l'ambiente, le sue convenzioni e le sue peculiarità, dall'altro si omaggiano con affetto i soliti noti del jet-set che partecipano entusiasti all'operazione. Inoltre, a differenza, per esempio, di un Mel Brooks e del suo fenomenale "Frankenstein Jr", le gag si accumulano a ripetizione ma in modo episodico, casuale, senza riuscire quasi mai ad integrarsi in modo fluido e funzionale con la storia che rivela fin da subito il fiato cortissimo, causa un copione sterile, debole, quando non del tutto inconsistente. In questo modo non si riescono ad evitare i momenti di stanca (la visita a casa di Hansel da parte di Zoolander e Matilda in cerca di un rifugio o la parentesi alla clinica di bellezza, in cui Mugatu fa il lavaggio del cervello a Zoolander, sulle note di "Relax", per fargli uccidere il primo ministro della Malesia), soluzioni volgari e ovvie (la sequenza del massaggio e conseguente erezione di Zoolander, inutile), personaggi poco incisivi (lo stesso stilista Mugatu, a conti fatti, scarsamente divertente o Katinka, la donna di ferro suo braccio destro, penosa). La comicità fisica (le espressioni facciali e corporali di Stiller sono sempre indovinate, anche se forte è il rischio di saturazione) e verbale (diverse battute vanno a segno: una su tutte "Sono diventata bulimica" "Quindi leggi nel pensiero?") non manca, ma il regista Stiller non riesce a dare una struttura unitaria e convincente alla sua opera e si mette ad esclusivo servizio dell'attore Stiller e dei suoi comprimari (Wilson e Ferrell in primis) in una sorta di autocompiacimento fine a se stesso, in cui il principale obiettivo dell'operazione pare essere lo spasso degli interpreti che, infatti, sembra si siano divertiti parecchio. Ed il fatto che Stiller si sia circondato da tutta la sua famiglia (la moglie Christine Taylor interpreta Matilda, la madre Anne Meara è la principale dei contestatori di Mugatu - quella che gli tira addosso le uova marce - il padre Jerry Stiller è Maury, il manager di Zoolander, la sorella Amy Stiller è una delle collaboratrici di Hansel) accresce questo sospetto di vanesio e narcisistico egocentrismo, probabilmente del tutto voluto. In ogni caso meglio di "Pret-a-porter" di Robert Altman, anche perché "Zoolander" ha il non indifferente merito di essere cosciente del fatto che per descrivere un mondo stupido, ridicolo e frivolo ci vuole un film altrettanto stupido, ridicolo e frivolo. Ed è proprio questa lucida consapevolezza che rende il film simpatico ed arguto, gustoso e meno banale di quanto possa sembrare a prima vista, pur con tutti i suoi limiti e grossolanità. Stiller poi avrebbe avuto modo di approfondire il tema quasi analogo (il culto del proprio corpo), con il più compatto e quasi gemellare "Palle al balzo", diretto dall'esordiente Rawson Marshall Thurber. Tra l'altro, oltre al finale sostanzialmente identico (qui si crea un istituto per ragazzi che non sanno leggere, là una palestra nuova di zecca aperta a tutti), anche il personaggio di Milla Jovovich (la cattivissima Katinka) trova una sua ideale continuazione in "Palle al balzo" nella letale giocatrice di dodgeball della Romanovia Fran Stalinofskivich. Impressionante ed interminabile l'elenco di star della musica, del cinema e della moda che hanno partecipato al film. Oltre a Jon Voight e David Duchovny, compaiono, tra gli altri, Christian Slater, Cuba Gooding Jr, Natalie Portman, Lenny Kravitz, Gwen Stefani, Paris Hilton, David Bowie, Billy Zane, Winona Ryder, Victoria Beckham, Stephen Dorff, Donatella Versace, Tom Ford, Donald Trump, Vince Vaughn. Votata nel 2006, forse un po’ esageratamente, dalla rivista cinematografica "Premiere" come una delle 100 migliori commedie di tutti i tempi. Colonna sonora ricchissima. I riferimenti, gli omaggi e le citazioni alla storia del cinema alto ("2001 Odissea nello spazio", "Arancia meccanica", "Il padrino Parte II", "E.T.", "Agente 007 Thunderball - Operazione Tuono" fra gli altri) e basso (la saga di Austin Powers su tutti) non si contano.
Voto: 6

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