In una Spagna inquietante di un vicino futuro dittatoriale in cui le nascite sono considerate un pericolo e represse con la violenza più spietata, una coppia fugge verso un porto per imbarcarsi clandestinamente in un container e viaggiare lontano, portando al sicuro il feto che la donna custodisce in grembo.
La situazione sfugge quando i due, a seguito di un controllo non preventivato, vengono separati in due container differenti, e la donna in seguito si rivela l'unica sopravvissuta ad un massacro con cui una banda di controllori stermina quelli che ritiene i totali occupanti del container stesso.
Ritrovatasi all'interno del grande parallelepipedo sigillato, pieno solo in parte di giocattoli, vestiti ed oggetti vari destinati al contrabbando, la donna comprenderà un giorno, dopo una tremenda tempesta che la lascerà sballottata e priva di sensi, che il container stesso è precipitato in mare assieme a molti altri, e si trova al largo alla deriva, fluttuando senza una meta, con l'acqua che sta poco per volta portando la struttura a inabissarsi.
In più la donna, in avanzato stato di gravidanza, si ritrova costretta suo malgrado a partorire, cercando come può, tra scarsità di acqua e di cibo, oltre che di quasi ogni altro confort, di non morire di fame e di assicurare la montata lattea in grado di sfamare la neonata.
In un susseguirsi di situazioni al limite del plausibile, la donna imparerà non solo a rendersi indipendente, ma anche a far defluire l'acqua del mare all'esterno, ad aprire l'hangar che la imprigiona manco fosse una scatola di tonno, e a pescare i migliori branzini possibili ed immaginabili.
manca solo lo squalo a complicare la situazione, ma il sopraggiungere di un grosso cetaceo è una soluzione che i disinvolti sceneggiatori nemmeno ci pensano a lasciarsi sfuggire.
Dal regista del non proprio indimenticabile horror Possession - L'appartamento del diavolo, ovvero Albert Pintò, questo Nowhere inizia in modo incalzante e curioso, con un incipit in grado di attrarre l'attenzione di chi approccia il prodotto.
Poi la situazione precipita, gli eventi si susseguono in modo vorticoso facendo perdere ogni già tenue plausibilità ad una vicenda che si rivela davvero troppo puerilmente costruita a tavolino, assemblando problematiche e situazioni impossibili assieme a soluzioni che piovono letteralmente dal cielo: una su tutte il fatto che la tenace ed inarrendevole protagonista riesca a trovare un meraviglioso trapano elettrico attraverso il quale aprirsi un varco che possa liberarla da una prigionia, quella del container, per potersi dedicare alla successiva, rappresentata dal mare aperto.
Tra gli interpreti, pochi considerati i fatti narrati e la claustrofobia che caratterizza gran parte della vicenda, Anna Castillo ci mette anima e corpo, ma la situazione narrata finisce per prendere troppo il sopravvento, rendendo la vicenda frenetica quanto assurda.
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