Regia di Margarida Cardoso vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Ad inizi del '900, l'aitante e scrupoloso medico Afonso (Carloto Cotta) giunge nei pressi di una magnifica e lussureggiante isola tropicale a pochi chilometri dalla costa atlantica africana, in prossimità dell'Equatore.
In loco il dottore è stato incaricato dallo stato portoghese, un tempo colonia della zona e commerciante istituzionale di schiavi di quelle zone africane, di studiare una strana malattia che affligge un gruppo di lavoratori, ex schiavi, ora semplicemente servitori, che si dimostrano succubi di un malessere conosciuto col nome di banzo.
Il sintomo è una sorta di depressione che coglie i malcapitati, provoca do inappetenza e ignavia, fino ad indurre chi ne soffre a cercare la morte col suocidio.
Si tratta di un malessere noto anche col nome di "nostalgia degli schiavi".
La forte tensione provocata dalla nostalgia di casa, provoca un senso di apatia che induce a gesti suicidi, ma lo scrupoloso Afonso scopre poco per volta che non è basta curare i sintomi fisici del male, bensì occorre un approfondito studio psicologico che è il fattore più significativo che induce gli sfortunati a finire vittime della loro autodistruttiva depressione.
Anche in un contesto di servilismo non più efferato come ai tempi della schiavitù, ma comunque ossequioso di un binomio rigido servo-padrone in cui la società demarca due razze caratterizzate da due posizioni ben distinte, tra chi comanda (i bianchi) e chi obbedisce e serve (i neri).
La regista portoghese Margarida Cardoso si impegna in una coproduzione con l'Olanda che torna ancora una volta a mettere in discussione un fenomeno come il colonialismo, che per secoli ha caratterizzato la politica estera di un regno di navigatori e conquistatori come è stato il Portogallo.
E sceglie come eroe e simbolo della tolleranza e della comprensione un uomo bianco, bello ed illimunato, interpretato dal noto attore portoghese Carloto Cotta, che si impegna con tutto se stesso a convincere chi lo vuole in quel luogo paradisiaco ma isolato, che quella depressione si cura concedendo la libertà e la pari dignità tra i popoli, che vada oltre la razza e i vincoli legati ad una superiorità di una razza dominante che ha comportato sempre tragedie e disgrazie.
Il film scivola lento in un contesto scenografico di una bellezza abbacinante, che non si trasforma per gli ex schiavi in un paradiso terrestre come esso effettivamente appare agli occhi di uno spettatore inevitabilmente colpito da tanta bellezza incontaminata almeno a livello di fauna e flora.
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