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Il tempo che ci vuole

Regia di Francesca Comencini vedi scheda film

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La recensione su Il tempo che ci vuole

di barabbovich
7 stelle

È il 1970 quando a Roma, a Piazza del popolo, viene esposta una balena. Il regista Luigi Comencini porta sua figlia Francesca (mai nominata nel film) a vedere quella meraviglia. Ma la bambina si rifiuta. È il primo segnale di un carattere introverso e difficile, di cui si manifestano ripetute tracce quando, nello stesso anno, il padre della bambina sta girando Pinocchio. La paura del giudizio degli altri e quella del fallimento accompagnano Francesca fino a quando quest'ultima non diventa una donna e quei problemi di trasformano nella tormentata ricerca di paradisi artificiali.
Francesca Comencini torna al punto di partenza, a quel Pianoforte, sua opera d'esordio girata a soli 22 anni, nella quale raccontava la sua esperienza di eroinomane. Qui lo sguardo si allarga all'educazione sentimentale ricevuta da un padre premuroso e pacato (Gifuni, efficacissimo nel restituire dolcezza e fermezza di Luigi), per il quale è sempre valso il motto "prima la vita, dopo il lavoro", in una prima parte del film che racconta le difficoltà di crescita in un accidentato racconto di formazione. La seconda parte - meno riuscita - vira sull'esperienza di tossicodipendenza della ragazza, con un genitore più che mai presente, ma anche malandato a causa di una grave forma di parkinsonismo e ormai prossimo a lasciare il set con Marcellino pane e vino, suo ultimo film.
Il tempo che ci vuole è un'opera catartica, con scelte narrative radicali (tutto ciò che è personale, fuorché la Storia - raccontata attraverso telegiornali e titoli di quotidiani - rimane fuori campo) funzionali a un ritratto a due che si avvale di momenti di cinema sublime (la luce a cavallo, le riprese col drone che diventano disegni del libro illustrato di Collodi: alla fotografia - nemmeno a dirlo - c'è Luca Bigazzi), regalandoci un'opera personalissima che sfiora quel capolavoro - altrettanto autobiografico - che è Amori che non sanno stare al mondo, il suo precedente lungometraggio.

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