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Schiavo d'amore

Regia di John Cromwell vedi scheda film

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La recensione su Schiavo d'amore

di steno79
8 stelle

Un melodramma anni '30 tratto da un rinomato romanzo di Somerset Maugham, scrittore britannico fra i più apprezzati del primo Novecento, "Of human bondage" si potrebbe tradurre con "Della schiavitù umana" e sembra che rimandi nel titolo ad una citazione di Spinoza.

Diretto dallo specialista del genere John Cromwell, oggi un po' dimenticato, "Schiavo d'amore" è un melo' che trae la sua forza soprattutto dalla rappresentazione esasperata, e per l'epoca innovativa, di un rapporto sentimentale malato, all'insegna del masochismo, e in questo è servito benissimo dai due protagonisti, un Leslie Howard perfetto nella parte del giovane borghese con complessi di inferiorità a causa di una malformazione al piede che insegue inutilmente una volgare cameriera che lo disprezza, una Mildred che rappresenta la prima grande interpretazione da cattiva al cinema di una Bette Davis allora semisconosciuta, che qui mostrò concretamente di bucare lo schermo in virtù di un'energia recitativa che faceva passare in secondo piano la sua mancanza di glamour a livello fisico.

Il vero protagonista del film è Howard, che ha una flemma nella recitazione che ricorda perfettamente quella del personaggio di Ashley Wilkes in "Via col vento", e le cui esitazioni e insicurezze risultano perfettamente credibili. Tuttavia, a restare memorabili sono i confronti crudeli e morbosi con la Davis, mentre le scene con le altre pretendenti sono innocue al confronto e più convenzionali.

La regia non è esattamente da manuale ma ha buone invenzioni, soprattutto nella visualizzazione di fantasie amorose del protagonista e nell'uso del primo piano per mettere a nudo la verità dei personaggi, il cui torbido menage è descritto con un'audacia non scontata per l'epoca. Il lieto fine in questo caso era inevitabile, dato anche il significato morale della vicenda, che per fortuna non scade nel facile moralismo, quindi non me la sentirei di contestarlo perché non c'era un'altra conclusione che potesse risultare logica per questa storia. È noto ai cinefili che alla Davis fu negata la nomination all'Oscar anche se poi le fu permesso di partecipare con la strana formula del "write-in vote", anche se non mi è chiaro se l'Academy la riconosca come candidatura ufficiale (a me sembra di no, ma alcune fonti invece dicono di sì). In ogni caso, la sua prima grande prova e per alcuni ancora una delle sue migliori in assoluto.

Voto 8/10

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