Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
La Bigelow ridimensiona la spettacolarità dell'idea scottiana di "Allarme Rosso", ma consegna ugualmente un film di buona fattura, in cui la tensione narrativa non si sfibra mai e riesce a mantenere lo spettatore attento ai fatti, anche se il dejà vù è sempre dietro l'angolo.
Alcune cose apprezzabili del film sono innanzitutto la sobrietà delle interpretazioni: c'è solo proprio un piccolo spruzzo di retorica sia cinematografica che militare. Harrison Ford è credibile, un po' di meno Neeson. Finalmente un film militare in cui si riesce pure a respirare una certa idea sovversiva nei confronti del patriottismo suicida, della gloria militare e del dovere statale. Lungo i momenti più tesi del film non ci si può non chiedere "Ma ne vale proprio la pena di morire così? Per chi e per che cosa, poi?". Sono personalmente del parere che la vita è imbarattabile. Non c'è eroismo militare che m'inganni: non ci credo alla gloria di morire per la patria. La vita è sacra, e per tanto va salvaguardata. Inizialmente da noi stessi, ma subito dopo ci devono pensare i nostri governanti, cosa che non fanno assolutamente.
Piango anch'io le vittime di Nassirya, ma m'incazzo solo a pensare che loro non dovevano essere là. Non esistono eroi, signori spettatori. Smettiamola di piangerci addosso, e sovvertiamo l'idea dominante che vuole mettere la sacralità della vita in condizione d'inferiorità rispetto a tutto: da una medaglia d'onore ad un gioco finanziario.
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