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Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su S1mØne

di chinaski
8 stelle

Questo film fa molto riflettere non solo sul ruolo dell’ immagine nel cinema, ma anche sul suo ruolo nella vita di tutti i giorni.
Ormai ci ritroviamo a vivere in un mondo completamente doppiato dal suo corrispettivo iconico, paradossalmente assume più importanza l’ immagine di una persona che la persona stessa.
Ognuno vuole il suo doppio.
Ed è questa immagine che noi cerchiamo dovunque.
Perchè l’ Immagine è sinonimo di fama e successo.
Ma l’ immagine è anche qualcosa di profondamente modificabile e trasformabile.
E’ questa la grande svolta tecnologica del nostro secolo.
L’ aver trasformato l’ immagine da documento del reale in documento dell’ irreale.
Con le tecnologie digitali essa perde ogni contatto con una dato oggettivo esterno.
Non c’è più una matrice reale di cui l’ immagine è una copia.
L’ immagine diventa la matrice stessa.
Simone è tutto questo. E’ l’ esasperazione del nostro culto delle immagini. In cui chi meglio appare è più considerato. In cui l’ esterno e l’ interno di una persona vorrebbero essere la stessa cosa.
Al Pacino nei panni del regista Viktor Taranski si trova nelle mani questa lampada di aladino del ventunesimo secolo. Quest’ attrice che lui può modellare con le sue mani e la sua voce. Un’ attrice perfetta che incarna le volontà del regista. Però Simone è anche qualcosa di diverso. Diventa un doppio di Taranski ma in una maniera artistica. In un certo senso questo regista trova nel corpo di Simone la gloria e la fama che con i suoi film non era mai riuscito a trovare.
Il film quindi sposta la sua riflessione anche sul ruolo dell’ attore all’ interno del cinema. Su come l’ attore debba lavorare principalmente su tutti gli aspetti del proprio corpo e non solo sulla sua immagine come spesso accade ad Hollywood. Un tipo di attore di cui lo stesso Pacino è simbolo. Un duro lavoro all’ Actor’s Studio, gli insegnamenti del metodo Stanislaski, una continua ricerca all’ interno di se stessi di quelle caratteristiche da dare al personaggio.
L’ attrice che rappresenta Simone è la soluzione a tutti i capricci di dive fumose e schizzate che si dimenticano di essere persone che recitano e si credono divinità. Perchè purtroppo è proprio questo il posto che noi gli abbiamo assegnato, con la nostra continua vernerazione dei divi di Hollywood. Un olimpo di stelle fasulle costruite a tavolino per far guadagnare soldi ai produttori. I veri attori sono quelli che faticano e che con la fatica si meritano il successo.
Il regista, Andrew Niccol, inserisce all’ interno del suo film tutte queste tematiche e le amalgama in una storia interessante e con un finale non scontato.
Dove ancora una volta è la sete di successo e potere ad avere il sopravvento sui sentimenti umani.
Niccol ha una grande capacità visionaria. La sua messeainscena fa sempre pensare ad un futuro prossimo, così come in Gattaca.
Uno spazio pieno di geometrie visive (gli studios), dove si passa dai colori cromati delle lamiere delle roulotte a quelli più luminosi di interni ed esterni, quasi a sottolineare l’ estrema artificialità anche di quel mondo che Hollywood relega intorno ai set cinematografici ma che spesso e volentieri si confonde con i set stessi.
Un film sul pericolo dell’ immagine nel nostro tempo.
E su quanto dovremmo smetterla di essere così schiavi di quanto vediamo per riappropriarci di una percezione meno ingannevole di quella visiva.
Perchè imparare a percepire il mondo significa anche smetterla di guardare solo quello che abbiamo davanti (magari proiettato su uno schermo) per iniziare di nuovo a sentire quello che abbiamo intorno.

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